Battaglia di Beirut
La battaglia di Beirut fu uno scontro navale combattuto al largo della costa libanese durante la guerra italo-turca; a seguito della dimostrazione di forza italiana, il quadrante navale del Canale di Suez rimase al sicuro dagli attacchi navali ottomani durante il resto del conflitto. Durante la battaglia, i due incrociatori corazzati italiani Ferruccio e Garibaldi sorpresero in porto la cannoniera corazzata Avnillah o Avni Illah (grafia diversa a seconda delle fonti, cioè "Divina Provvidenza") e una torpediniera, affondandole a cannonate senza possibilità di reazione da parte turca per l'obsolescenza della Avnillah e la disparità delle forze. La battagliaGià dal 23 ottobre le due squadre principali della flotta italiana rientrate ad Augusta dalla Libia erano state spostate a Taranto per operare nel Mar Egeo; il governo italiano tuttavia frenava qualsiasi tentativo di azione militare marittima fuori dalle acque già controllate dalla Regia Marina[1]. Il 20 febbraio il comandante della squadra dell'Egeo, contrammiraglio Paolo Thaon di Revel, ricevette l'ordine di catturare o distruggere la Avnillah (una grossa e obsoleta corvetta a casamatta riclassificata cannoniera corazzata da 2400 t[2]) e la torpediniera Angora (nome ottomano di Ankara) di base a Beirut. La formazione italiana composta dai due incrociatori Giuseppe Garibaldi e Francesco Ferruccio si presentò il 24 febbraio davanti al porto di Beirut e, dopo aver intimato la resa senza ricevere risposta, alle 09:00 aprì il fuoco affondando entrambe le navi turche; nonostante l'ordine di non cannoneggiare la città, alcuni tiri lunghi arrivarono a terra uccidendo due gendarmi e 52 civili[3]. Note
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