Nato a Lione nel 1697, dal 1716 si dedicò, come il padre, al violino e all'arte della danza, che però verrà presto abbandonata. A Torino, intorno al 1726, conobbe Giovanni Battista Somis e, nonostante risiedesse a Parigi, continuò i suoi studi a Torino. Fu appunto in questo periodo che conobbe il celebre flautista tedesco Johann Joachim Quantz, che in quel periodo si trovava in Italia.
Nel frattempo, dopo essere rimasto vedovo nel 1730, si risposò con Louise Roussel, ed ebbe da lei un'unica figlia che eserciterà in seguito la stessa professione del padre. Nel 1734 conobbe il violinista piemontese Giovan Pietro Ghignone, (naturalizzato francese col nome di Jean-Pierre Guignon) e, dopo alcune divergenze, decise nel 1737 di recarsi nei Paesi Bassi, dove aveva già una certa fama. Quattro anni dopo conobbe Pietro Locatelli ad Amsterdam, e per i successivi due anni prestò servizio all'Aia, godendo dei favori della principessa Anna d'Orange. Nel 1743 tornò a Parigi, e per un anno fu al servizio dell'infante Don Filippo di Spagna, al quale dedicò i suoi concerti dell'opera X. Negli anni successivi lo troviamo a Lione e a Parigi, dove venne assunto nel 1748 per suonare come solista nel teatro privato del duca di Gramont. Lo stesso anno lasciò la moglie. Divenne sempre più solitario, misantropo, tormentato da malattie immaginarie, e finì per rinchiudersi in una casa-fortezza in un quartiere periferico di Parigi, con l'unica compagnia del suo inseparabile violino: uno Stradivari del 1721.
Vuoi per mano di un parente che non gli aveva perdonato di aver abbandonato la famiglia, vuoi per opera di un altro musicista invidioso del suo talento, il 22 o il 23 ottobre del 1764 Jean-Marie Leclair fu ucciso con una pugnalata alla schiena.
Si era tanto isolato dal mondo che fu trovato soltanto due mesi più tardi, riverso a terra nella sua stanza. E, come i presenti notarono subito con stupore e compassione, stringeva ancora al petto ciò che aveva di più caro, ovvero il suo Stradivari rosso.
La mano destra irrigidita di Leclair aveva ormai lasciato sulla tavola del violino una macchia scura, incancellabile, che da allora in poi avrebbe costituito una caratteristica peculiare di quel prezioso Stradivari, che a tutto il Terzo millennio (a seguito di vari passaggi di proprietà) è custodito e utilizzato dal violinista italiano Guido Rimonda.
Lo stile
Leclair cercò nelle sue opere di conciliare i gusti francese e italiano, sfruttando la tematica del primo e la tecnica del secondo, e nonostante l'evidente influenza di Somis nelle sue composizioni, la continua ricerca del colore resta un'importante caratteristica dello stile francese.
Bibliografia
Boris Schwarz, Leclair and His Time, in Great Masters of the Violin: From Corelli and Vivaldi to Stern, Zukerman and Perlman, London, Robert Hale, 1983, pp. 117-124
Albert Borowitz, Finale Marked Presto: The Killing of Leclair, in «The Musical Quarterly», Vol. 72, No. 2 (1986), pp. 228-238