Mitologia celticaLa mitologia celtica è l'insieme dei miti, delle saghe e delle credenze religiose diffuse tra le popolazioni di lingua celtica (chiamate, nel loro insieme, Celti) durante l'Età del ferro.[1] Come altri popoli indoeuropei, i primi Celti mantennero una mitologia e una struttura religiosa politeistica. La mitologia delle popolazioni celtiche a diretto contatto con l'espansione dell'Impero romano, come Galli e Celtiberi, scomparve, assorbita dalla mitologia romana poi soppiantata dal cristianesimo ma anche in funzione della perdita della lingua indigena. È principalmente attraverso fonti contemporanee romane e cristiane che la mitologia dei Celti "continentali" è stata preservata. I popoli celtici che mantennero identità politiche o linguistiche, come i Gaeli in Irlanda e Scozia, i Gallesi e i Britanni (sia in Gran Bretagna Meridionale sia in Bretagna), lasciarono invece vestigia delle loro mitologie ancestrali che furono messe in forma scritta durante il Medioevo. Considerazioni preliminari: un problema di fontiSebbene il mondo celtico, al suo apice (III secolo a.C.), coprisse gran parte dell'Europa occidentale e centrale, non era politicamente unificato né vi era alcuna fonte centrale sostanziale d'influenza o omogeneità culturale. L'antica religione celtica era dunque caratterizzata dalla presenza di molte varianti locali seppur taluni caratteri comuni siano talmente evidenti[2] (es. il culto del dio Lúg/Lugus)[3][4] da giustificare la tesi di una «omogeneità religiosa di base» dei popoli celtici[5]. Ci sono pervenute testimonianze, fondamentalmente iscrizioni, di oltre trecento divinità, spesso identificate con le loro controparti romane, ma di queste la maggior parte sembra essere stata genii locorum, cioè divinità locali o tribali, e poche erano ampiamente adorate. Tuttavia, da ciò che è sopravvissuto della mitologia celtica, è possibile discernere punti in comune che suggeriscono un pantheon più unificato di quanto spesso si creda. La natura e le funzioni degli dèi celtici possono poi essere dedotte dai loro nomi, dalla posizione delle loro iscrizioni, dalla loro iconografia, dagli dèi romani (o altre figure) a cui sono equiparati, ecc. Le celtiche Matronae sono l'incarnazione della maternità. Nelle figurazioni non compaiono mai sole, ma sempre in gruppo e formano quasi sempre una triade. Esse rappresentano un complesso insieme di forze positive ornate di spighe e frutti a simbolo di una perenne fruttuosità. Non appartengono al pantheon ufficiale, ma rappresentano precise realtà locali o sociali, il loro culto è legato ad un'idea di fiducia gratuita. Prima di esistere nella religione celtica, appartenevano già ai culti indoeuropei. Le popolazioni celtiche praticavano la scrittura (ci sono pervenute testimonianze celtiche scritte in lingua etrusca e Greco antico oltre che con l'alfabeto ogamico precipuo dei Celti) ma la ricostruzione della loro religione presenta notevoli difficoltà d'ordine storico-documentario perché essi facevano uso della scrittura solo a fini pratici[6]: dediche alle divinità, iscrizioni funebri, marchi di proprietà, financo censimenti[7]. Il patrimonio religioso veniva tramandato solo per via orale[N 1] e i suoi creatori erano i Druidi (latinizzazione della parola dru-wid-es, lett. "molto istruiti"), la classe dirigente sacerdotale cui competevano l'adempimento di riti di culto (anche il sacrificio umano), l'interpretazione degli auspici, la conservazione e la trasmissione del sapere tradizionale, la presidenza delle assemblee religiose, l'arbitrato nelle controversie tra tribù e l'amministrazione della giustizia civile e criminale (in particolare nei casi di assassinio).[8][9] I riti druidici sono però ad oggi poco conosciuti, anche se i sacrifici umani descritti da Cesare sembrano avere avuto una rilevanza abbastanza ridotta. Plinio il Giovane ci descrive un culto arboreo collegato ad elementi astronomici: la raccolta del vischio che cresceva sulle querce, i cui boschi erano sacri per i druidi. Il sacerdote vestito di bianco saliva su un albero e tagliava il vischio con un falcetto d'oro nel sesto giorno della luna nuova. Seguiva il sacrificio di due tori bianchi tra canti religiosi. È ipotesi ormai assodata quella del legame tra il culto druidico e i megaliti, in particolare i menhir. I druidi avevano conoscenze astronomiche testimoniate dal misterioso sito di Stonehenge, interpretato come un antichissimo calendario celeste in grado di prevedere cicli stagionali ed eclissi in base all'incidenza dei raggi solari tra i monoliti[senza fonte]. La mitologia celtica è un corpus composto da sottogruppi distinti che si ramificano al pari delle lingue celtiche:
Per i miti dell'antica religione celtica e la mitologia bretone, ci si deve rifare alle "Fonti continentali", mentre il corpus più tardo delle "Fonti insulari" comprende la mitologia goidelica e quella brittonica insulare. Fonti continentaliLe principali fonti d'informazione sulla religione ed i miti dei Celti residenti nell'Europa Continentale (fond. Belgi, Celtiberi, Galli, Galati e Pannoni) sono la Storia greca e la Storia romana ma con tutti i limiti insuperabili del pregiudizio classicocentrico che mette in risalto i particolari barbarici della religione celtica o quegli elementi che la differenziavano dal paganesimo greco-romano.[11][12] Nessun testo pervenutoci, comunque, tratta sistematicamente ed organicamente la mitologia celtica. Lo studioso Barry Cunliffe ha osservato che "i testi greci e romani forniscono una serie di osservazioni pertinenti ma queste sono nella migliore delle ipotesi aneddotiche, offerte in gran parte come sfondo colorito da scrittori la cui prima intenzione era quella di comunicare altri messaggi".[13] La maggior parte delle informazioni derivano, in primis, da Cesare che, quando guidava gli eserciti conquistatori della Repubblica Romana contro la Gallia Transalpina (Commentarii de bello Gallico), fece varie descrizioni degli indigeni, sebbene alcune delle sue affermazioni, come quella che i Druidi praticassero sacrifici umani bruciando persone in uomini di vimini, sono tutt'oggi smentite da parte degli studiosi moderni. Le altre grandi fonti greco-romane sui Celti ed i loro costumi sono Diodoro Siculo (Bibliotheca historica), Strabone (Geografia), Pomponio Mela (De chorographia), Lucano (Pharsalia) e Plinio il Vecchio (Naturalis historia). Per quanto riguarda il pantheon della Gallia, le fonti disponibili sono rare e fragili. Non sappiamo quasi nulla degli dèi gallici, anche se è certo che avevano una mitologia elaborata almeno quanto quella poi riportataci dai miti irlandesi. Il poco che sappiamo lo dobbiamo principalmente a Lucano e Cesare ed in minor misura a Plinio e Tertulliano. Queste informazioni sono però grandemente distorte dalla c.d. Interpretatio graeca (o Interpretatio romana a seconda dei casi) che cerca sistematicamente un equivalente greco/romano degli dèi gallici. I due pantheon sembrano però in gran parte incompatibili e anzi le qualità degli dèi gallici sembrano molto fluttuanti e comunque molto più soggette a variazioni regionali rispetto agli dei romani. Oltre ai testi latini, i resti archeologici (bassorilievi, statue, monete) e la toponomastica ci permettono di conoscere un po' di più individuando i luoghi di culto, veri o presunti che siano. Così Lùg, dio comunque centrale tra tutti i Celti, non è attestato da alcun testo latino ma il suo culto è confermato dalla toponomastica, in particolare dai nomi di Lyon, Laon o Loudun, dal gallico *Lug(u)-dunon (lett. "Fortezza di Lùg")[14] poi latinizzato in Lugdunum. Fonti insulariLe Isole britanniche fornirono, a partire dal VII e fino al XV secolo, un corpus più recente ma più ricco di fonti sui miti celtici, capace di confermare e completare le informazioni fornite dai testi classici e dalle prove archeologiche. La parte del leone la gioca la mitologia irlandese, i cui miti e poemi, prima tramandati oralmente come in tutta la koinè celtica, vennero trascritti dagli amanuensi al principio dell'era cristiana[N 2]. Queste fonti letterarie sono costituite da quattro gruppi principali:
I testi della mitologia gallese sono più cristianizzati e con elementi mitologici molto meno evidenti rispetto ai testi irlandesi[15]. Il più importante è il Mabinogion o "I quattro rami di Mabinogi" dai quattro racconti che lo compongono: la storia di Pwyll, principe di Dyved; quella di Branwen; quella di Manawydan figlio di Llyr e quella di Math fab Mathonwy. Ci sono poi i c.d. "Cinque racconti" e cioè: Il sogno di Macsen Wledig, Lludd e Llefelys, Culhwch e Olwen, Il Sogno di Rhonabwy e il Libro di Taliesin.[N 3] In questo corpus, la patina cristiana stesa dagli amanuensi è, come detto, molto più pesante ed il sostrato celtico originale è di più complessa analisi da parte dello studioso. Mitologia gallicaLa ricostruzione del pantheon gallico: prove documentali e reperti archeologiciI Celti delle Gallie adoravano diverse divinità di cui si conosce oggi spesso poco più del nome. Esistevano alcune divinità pangalliche (prob. panceltiche) ma verosimilmente ogni tribù aveva le proprie divinità protettrici per la tribù, i villaggi, i corsi d'acqua, ecc. Gli scrittori classici ci hanno tramandato informazioni utili a delineare il pantheon gallico[16]:
Nel corso degli anni, l'archeologia ha integrato le fonti scritte, aiutandoci a meglio comprendere e studiare il pantehon delle Gallie. Un certo numero d'oggetti d'arte (sculture, statue, monili, altari) e monete ci riportano scene di miti perduti, come le rappresentazioni del Tarvos Trigaranus o di un Giove equestre che sormonta l'Anguipede (una figura umana con le gambe di serpente). Anche il Calderone di Gundestrup è stato analizzato per derivarne informazioni mitologiche.[23] Sono state rinvenute effigi di divinità identificate da una dedica ed altre ignote. Tra queste, figurano un dio a tre teste o tre facce, un dio accovacciato, un dio con un serpente, un dio con una ruota e un cavaliere con un gigante inginocchiato. Alcune di queste immagini sono state rinvenute nelle torbiere britanniche e datate alla tarda Età del bronzo: manufatti chiaramente pre-romani (fors'anche pre-celtici).[24] La distribuzione dei reperti è stata mappata e mostra un modello di concentrazione centrale di un'immagine insieme a un'ampia dispersione che indica che queste immagini erano molto probabilmente precipue di tribù specifiche e sono state distribuite da un punto centrale di concentrazione tribale verso l'esterno lungo linee commerciali. L'immagine del dio a tre teste ha una concentrazione centrale nel territorio dei Belgi, tra i fiumi Oise, la Marna e la Mosella. Il cavaliere con il gigante inginocchiato è centrato su entrambi i lati del Reno. Questi esempi sembrano indicare le preferenze regionali di un lotto d'immagini d'uso comune tra le varie genti galliche.[25] Divinità pangalliche o pancelticheLa trinità gallica identificata da Lucano (Taranis-Toutatis-Esus) non ha ruoli chiaramente definiti: le caratteristiche degli dèi sono spesso intercambiabili a seconda della regione.
Divinità totemicheIl termine "totemico" è inteso come "con attributi animali". I Celti non adoravano divinità metà uomini e metà bestie: gli attributi animali servivano per enfatizzare un aspetto simbolico del dio. Il totemismo, inoltre, non è indoeuropeo e si connatura come legato ad un sostrato preceltico integrato nel pantheon gallico.
Altre divinità galliche
Divinità neolitiche/precelticheIl sostrato mitologico/religioso preceltico, oltre che nel totemismo, rinviene nella pratica di un forte animismo locale tra i Galli che associano una dea a un fiume o a una sorgente, ecc. Troviamo così Abnoba e Arduinna, dee delle foreste (l'ultima ha dato il nome alle Ardenne), Damona, Dunisia, Niskae, Ilixo, Lugovius, Ivaos, Moritasgus, Nemausus, Arausio, Vasio, divinità delle fonti. Queste divinità sono spesso all'origine dei nomi delle città: Nîmes (Nemausus), Bagnères de Luchon (Ilixo), Luxeuil les Bains (Lugovius), Évaux les Bains (Ivaos), Orange (Arausio), Vaison la Romaine (Vasio), Bourbonne-les-Bains (Bormana/Damona). Allo stesso modo, in vari luoghi (spec. nei Pirenei) sono menzionati dèi-albero: il dio-faggio, il dio quercia, il dio-melo, ecc. Un'altra probabile influenza del substrato neolitico rinvie dal fatto che gli dèi gallici generalmente non hanno consorti, a meno che un sincretismo gallo-romano non li abbia influenzati[29][30]: es. Maïa, Nemetona, Bormana, ecc. Mitologia irlandeseMentre le società celtiche continentali e, in misura minore, della Gran Bretagna si erano evolute a contatto con la civiltà romana, l'Irlanda, protetta dalla sua insularità, non era stata invasa né occupata. Fu solo nel V secolo, per opera di un britto-romano di nome Maewyn Succat, poi passato alla storia come San Patrizio, che il cristianesimo iniziò a diffondersi significativamente nella Verde Isola, parte eliminando e parte assorbendo la vecchia religione e la vecchia cultura. In questo contesto, la tradizione mitologica celtica d'Irlanda fu messa per iscritto, preservando molte delle sue peculiarità. Il Ciclo mitologico è quello che comprende le storie sulle più arcaiche divinità d'Irlanda e sulle origini stesse del popolo ibernico ma dei quattro cicli irlandesi è purtroppo il meno ben conservato. Da un punto di vista critico, fondamentale in questo corpus è il Lebor Gabála Érenn (it. "Libro delle conquiste d'Irlanda") che contiene informazioni utili ad incasellare ed interpretare le informazioni relative ai popoli non-umani che avrebbero abitato la Verde Isola nel periodo preistorico e protostorico. La storia delle invasioni "mitiche" dell'Irlanda: il Lebor Gabála ÉrennScritto per la prima volta nel VII secolo, il Lebor Gabála Érenn registra la successione delle "invasioni mitiche" dell'isola, sin dai tempi del Diluvio. È «un mito fondante, una spiegazione della natura dell'Irlanda e della presenza dei Celti»[31]. Il riferimento biblico al Diluvio è un'aggiunta tardiva degli amanuensi che hanno trascritto il racconto orale originale. Di tutti i popoli, solo gli ultimi arrivati sono umani, succedendo così nel possesso dell'isola a stirpi divine.
I Tuatha Dé DanannI Tuatha Dé Danann (it. "Tribù della dèa Danu"), sesto popolo colonizzatore dell'Irlanda, vanno identificati con gli dèi adorati dagli stessi Gaeli, opportunamente evemerizzati e collocati in un contesto storico a opera dei cronisti medievali. Discendenti dalla dèa-madre Danu, giunsero dalle Quattro isole a nord del mondo (Findias , Gorias, Murias, Fálias) portandosi appresso mitici tesori: la spada di Núada; la lancia che poi fu data a Lúg; il calderone del Dagda; e la Lia Fáil, la "Pietra del Destino", che emetteva un grido se veniva calpestata da un legittimo Re Supremo d'Irlanda. Sbarcarono in Irlanda il giorno di Beltaine guidati da quattro druidi (Morfessa, Esras, Uiscias e Semias) e strapparono l'isola ai Fir Bolg, poi la difesero dai Fomori ed alla fine la cedettero agli uomini. Gli dèi più importanti erano:
Gli eroiSe il Ciclo mitologico rappresenta l'Età dell'oro dell'Irlanda, il Ciclo dell'Ulster ne rappresenta l'Età degli eroi. Il Ciclo feniano segue cronologicamente il Ciclo dell'Ulster, collocandosi in una fase proto-storica dell'Irlanda perché legato alla figura del leggendario ma storicamente esistito Re Supremo d'Irlanda Cormac mac Airt (regno post-II secolo). Descrive le gesta dei Fianna, l'equivalente irlandese della Männerbund indoeuropea[40]: un fian era tipicamente un uomo giovane, senza casa, spesso aristocratico senza eredità o esiliato che svernava presso la dimora d'un aristocratico ma d'estate (tra Beltaine e Samhain) era obbligato a predare per sopravvivere.[41][42][43] La narrazione è incentrata sulla figura di Fionn mac Cumhaill, capo dei Fianna, e su suo figlio Oisin che è anche il narratore del ciclo (Ciclo Ossianico). L'epopea s'incentra sempre più sulle gesta e sui drammi dei personaggi umani. La società descritta si discosta molto poca da quella degli Ulaid (contro i quali Cormac mac Airt combatté spesso)[44] La componente magica, pur forte, scivola dalla mitologia pura verso il folclore, accompagnando il mito irlandese nella vera e propria protostoria. Parte dei doveri dei bardi medievali d'Irlanda ovvero dei poeti di corte era ricordare la storia della famiglia e la genealogia del re. Da qui, con legami più o meno forti con mitologia e storia, nacque il Ciclo storico, o meglio i Cicli, vista l'eterogeneità del materiale). I re di cui vi si narra vanno dal leggendario Labraid Loingsech, Re Supremo d'Irlanda verso il 431 a.C., al realmente esistito Brian Boru (941-1014), eroe della rivalsa gaelica contro gli invasori vichinghi. Gli eroi principali della mitologia irlandese sono:
Mitologia galleseLa mitologia gallese contiene ciò che resta della mitologia britannica pre-cristiana. È giunta fino ai nostri giorni in forme alterate attraverso manoscritti medievali gallesi come il "Libro bianco di Rhydderch" (Llyfr Gwyn Rhydderch), il "Libro rosso di Hergest" (Llyfr Coch Hergest), il "Libro di Aneirin" (Llyfr Aneirin) e il "Libro di Taliesin" (Llyfr Taliesin). Le storie narrate in prosa nel "Libro Rosso" e nel "Libro Bianco" compongono il c.d. Mabinogion. Anche poemi come il Cad Goddeu (it. "La battaglia degli alberi") e liste di memorie come le Triadi gallesi e i Tredici tesori della Britannia contengono materiale mitologico. Questi testi contengono anche le prime forme abbozzate del successivo Ciclo arturiano e la tradizionale storia della Britannia post-romana. Altre fonti includono la compilazione storica latina del IX secolo conosciuta come Historia Brittonum, la Historia Regum Britanniae, cronaca latina scritta da Goffredo di Monmouth (XII secolo) e anche folklore successivo come The Welsh Fairy Book di W. Jenkyn Thomas (1908). I racconti gallesi contengono tradizioni che gli studiosi non hanno esitato a definire sciamaniche: le imprese di Cei che si trasformerà nel lugubre Sir Kay del ciclo arturiano; quelle del poeta-mago Taliesin che si vanta di possedere tutte le arti magiche d'Europa e Asia e che sarà il modello gallese di Mago Merlino; ecc. In generale però, rispetto al corpus irlandese, quello gallese ha riferimenti mitologici celtici più deboli. Riflessi importanti della mitologia britannica compaiono nel Mabinogion, specialmente nelle vicende dei personaggi Rhiannon, Teirnon e Brân il Benedetto (Bendigeidfran). Altri personaggi, con tutta probabilità, derivano da fonti mitologiche, e vari episodi, come l'apparizione di Arawn, Signore dell'Oltretomba, che cerca l'aiuto di un mortale nelle proprie faide, e la storia dell'eroe che non può essere ucciso tranne in circostanze apparentemente contraddittorie, richiamano miti comuni a tutti i popoli indoeuropei. Le storie dei figli di Llyr e dei figli di Dôn (la Dana irlandese) sono importanti per il corpus ma non primariamente mitologici. Ulteriori nomi e riferimenti mitologici compaiono al di fuori del Mabinogion, specialmente nel racconto di Culhwch e Olwen, dove troviamo, ad esempio, Mabon ap Modron e nelle c.d. "Triadi gallesi" (Trioedd Ynys Prydein). Tutto sommato, non si conosce però abbastanza del contesto mitologico britannico per ricostruire una narrazione della creazione o un pantheon coerente di divinità britanniche. In effetti, sebbene ci sia molto in comune con il mito irlandese, potrebbe non esserci stata una tradizione mitologica britannica unificata di per sé. Qualunque sia la sua origine ultima, il materiale sopravvissuto è stato messo a servizio di capolavori letterari che affrontano le preoccupazioni culturali del Galles alto e tardo medievale. Mitologia bretoneLa Bretagna ha conservato solo minuscole tracce della sua mitologia celtica originale che va distinta in mitologia vera e propria e «tracce che ne rimangono nel folclore bretone»[45] e/o «detriti mitologici rimasti nel folclore bretone»[46][47]. L'esistenza di elementi realmente mitologici nel corpo delle tradizioni bretoni è stata a lungo considerata impossibile, anche a causa delle invenzioni e ricomposizioni dei celtisti e dei nazionalisti bretoni[46], e dell'oblio portato dalla cristianizzazione tanto che oggi «quasi tutto ciò che è leggendario in Bretagna» è cristianizzato[48]. Tuttavia, elementi (in particolare riguardanti Merlino[49], il Tadig Kozh[50], l'Ankou e persino alcune caratteristiche attribuite a Sant'Anna) sono legati alla mitologia celtica bretone ed hanno punti in comune con la mitologia dell'Irlanda e del Galles[51]. Un gran numero di elementi, come i Korrigan o Les Lavandières, appartengono però al folklore bretone e non alla mitologia celtica perché il folclore bretone (chiaramente cristianizzato e spesso privo di coerenza) è «ciò che resta del mito»[52]. Considerazioni conclusive: lo schema trifunzionaleLo storico delle religioni, linguista e filologo Georges Dumézil (1898-1986), studiando i miti degli indoeuropei (v.si mitologia comparata), identificò uno schema ricorrente in cui le classi della società corrispondono a 3 funzioni specifiche[53]:
Questa teoria è stata ripresa e applicata ai miti celtici dagli studiosi (es. Le Roux e Guyonvarc'h) con interessanti risultati. Già Cesare aveva osservato che «In tutta la Gallia, ci sono solo due classi di uomini che sono contati per qualcosa e che sono onorati; poiché la moltitudine ha poco più del rango di schiavi, non osando nulla da sé e non essendo ammessa a nessun consiglio. […] Delle due classi privilegiate, una è quella dei druidi, l'altra quella dei guerrieri»[54], confermando quindi l'esistenza di una tripartizione nella società gallica. I testi irlandesi, a loro volta, confermano la complementarità del potere temporale del Druido e del potere politico del Re, tanto che «La regalità celtica viveva all'ombra e, per così dire, sotto la protezione del sacerdozio druidico»[55]. Lo schema trifunzionale nei Túatha Dé DanannLe principali divinità dell'Irlanda hanno funzioni specifiche che corrispondono al modello di Dumézil:
Dian Cecht, il dio-dottore, e Oengus compartecipano alle tre funzioni. Lúg, dio primordiale multifunzionale, è letteralmente un "fuoriclasse"[56]. Nel mito bretone, Geoffroy de Monmouth, nella Historia regum Britanniae, fa di Bruto, l'antenato dei britannici, un re che unisce tutte e tre le funzioni[57]. Lo schema trifunzionale nei crimini di MatholwchIl Mabinogi di Branwen ci descrive le malefatte di Matholwch, re d'Irlanda, reo di aver mancato contro ciascuna delle classi indoeuropee: la violazione del trattato di pace (natura giuridica) è un difetto che rientra nella prima funzione; la trappola tesa da Matholwch per massacrare i bretoni è una colpa contro l'etica della funzione guerriera; e la disgrazia di Branwen è un attacco alla funzione produttrice.[58] Lo schema trifunzionale nel Mabinogi di Math
NoteEsplicative
Bibliografiche
BibliografiaFonti
Studi
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