Le Potenze festeggianti erano delle compagnie rionali organizzate, che avevano il compito di preparare esibizioni, feste, banchetti ed affrontarsi in armeggerie nella Firenze del tardo Rinascimento.
Storia
Furono fondate nel 1343 sotto il governo di Gualtieri VI di Brienne come associazioni laiche, ma ebbero una notevole importanza soprattutto tra Cinque e Seicento, dopo che Cosimo I de' Medici le sostenne generosamente per convogliare ai divertimenti le forze del popolo minuto piuttosto che alla politica, dopo l'abolizione della Repubblica di Firenze. Anche i suoi successori sostennero le potenze, come Francesco I che le sovvenzionò ampiamente alla nascita del primo erede maschio, Filippo (1577). Le potenze erano composte in maniera attiva solo dal popolo minuto, mentre le classi borghesi e nobili si limitavano a sostenerle economicamente e ad assistere agli spettacoli.
Queste brigate avevano una base strettamente rionale, un po' come le contrade di Siena, ed avevano nomi altisonanti, come "reame", "impero", ecc., con tanto di "re", "imperatore", ecc. Questi capi, eletti dai vari partecipanti, dirigevano e soprintendevano alle varie attività comuni.
Tra le attività di queste allegre brigate, talvolta tumultuose, c'erano gli sbandieramenti, le feste, i combattimenti con armi finte o le sassaiole, nelle quali talvolta scappò anche il morto (si tenevano soprattutto nell'ampio slargo erboso del Prato). Le potenze partecipavano alle principali ricorrenze laiche e religiose, si occupavano di beneficenza e di religione, come con i pellegrinaggi in santuari come quello della Madonna del Sasso per devozione o penitenza, dove si arrivava a piedi a cavallo o a dorso di mulo.
Talvolta le potenze si occuparono anche di affiggere lapidi o commissionare opere d'arte, in occasione di particolari festeggiamenti. L'opera più famosa è il tabernacolo delle Fonticine, opera della bottega dei Della Robbia eseguita per il reame di Beliemme. Tra le targhe spiccano quelle sulla facciata di Sant'Ambrogio o Santa Lucia al Prato.
Le potenze, a causa dei crescenti tumulti, zuffe e risse tra i vari componenti (a causa anche delle aspre rivalità tra potenza e potenza) finirono per essere sciolte definitivamente nel 1629 da Cosimo II.
I nomi delle potenze
Le potenze avevano ciascuna un nome curioso e altisonante, escogitato dalla fantasia popolare. Il numero delle potenze variò nel tempo, da una decina fino a circa cinquanta.
Sulla chiesa di Santa Lucia esiste una lapide datata 1594 che riporta come l'"Imperator" vinse "proeliando lapèidibus" (lottando coi sassi) una battaglia, cioè una sassaiola
In piazza del Mercato Nuovo si teneva la parata del carroccio su cui veniva issata l'insegna bianca e rossa del Comune; oggi ne resta il simbolo della ruota al centro della loggia
Piazza della Luna (dal nome della famiglia Della Luna) era tra le attuali via Vecchietti e via Strozzi. Si riunivano al canto davanti a palazzo Vecchietti ed avevano come portastendardo il "Diavolino" del Giambologna
La "città rossa" era la zona delle mattonaia; questa compagnia ha lasciato una lapide sulla cantonata della chiesa di Sant'Ambrogio ed ha fatto costruire il tabernacolo di Sant'Ambrogio, dove compare il suo stemma
Le cercìne erano quei panni avvolti in testa per fare da base al trasporto di robe, che una volta introdotte in città dovevano passare dalla dogana di palazzo vecchio
Stemma del Gran Monarca ("G.M.") della Città Rossa, chiesa di Sant'Ambrogio
Lapide le Canto di Montiloro (vi si legge Timor Dominu 1473)
Le potenze nel contado
Nel corso del Cinquecento nel Contado fiorentino si erano formate varie compagnie di festaioli dette le “potenze o signorie festeggianti” ad imitazione di quelle, già esistenti nei quartieri della città. Queste compagnie organizzate in tutti i paesi intorno a Firenze avevano il compito di organizzare le numerose feste popolari e le mascherate oltre che le manifestazioni in occasione delle visite dei Sovrani. Al divertimento affiancavano, sembra, opere di mutua assistenza. Anche la loro attività era caratterizzate da un buffonesco cerimoniale e da una struttura gerarchica con a capo un “Signore” liberamente eletto dalla comunità adunata al suono delle campane. Questo “sovrano” che aveva il compito di guidare e organizzare i divertimenti, a seconda dell'importanza del borgo assumeva un qualche altisonante titolo: Duca di San Donnino, Re di Artimino, Imperatore di Campi, Duca di Calenzano e così via.
Tali personaggi godevano oltre che del consenso popolare, di notevole impunità tanto da potersi permettere una burlesca confidenza con le autorità. Infatti si rivolgevano al Granduca con lettere in stile diplomatico. In occasione di visite da parte di sovrani o regnanti stranieri preparavano magnifici apparati scenografici e ricevevano l'ospite circondati dalla loro buffonesca corte, sostenendo con serietà il loro ruolo. Così successe per esempio a Campi nel 1535 al passaggio dell'imperatore Carlo V diretto verso Poggio a Caiano, ricevuto dall'Imperatore di Campi assiso su un alto baldacchino.
L'atteggiamento del governo oscillò sempre tra il desiderio di controllare tale fenomeno per il carattere potenzialmente eversivo e spesso fonte di disordini e la volontà di utilizzare le potenze come strumento per incanalare il consenso e distrarre il popolo dal clima politico. Comunque fu dimostrata sempre grande attenzione verso tali associazioni, tanto che la loro giurisdizione era affidata ai Capitani di Parte.
Le “potenze” vicine erano rivali e portavano le loro rimostranze reciproche davanti al Granduca; frequenti erano inoltre i disordini e le risse, tanto che fu necessario proibire loro di portare armi se non quelle finte necessarie alle mascherate.
Comunque nel 1559 il “signore del Poggio” fu incoronato dall'Imperatore di Campi, massima potenza del contado, ricevendo davanti al Granduca il titolo di “Re del Poggio e di Toscana”. L'investitura avvenne per volere di Cosimo I all'interno della Villa con grande festa. Il “Re di Carmignano” non accettò di buon grado tale avvenimento e arrogantemente si attribuì il titolo di Imperatore. Nacque così una lunga contesa sollevata dall'Imperatore di Campi con lettera al Granduca[1] e risolta dalle autorità nel 1577 quando si proibì a Carmignano di avere un Imperatore concedendo invece il titolo di “Gran Monarca”.
Nei secoli successivi le “Potenze festeggianti” del contado e le feste popolari che esse organizzavano declinarono e seguirono la sorte delle Potenze cittadine.
Note
^Archivio dei Capitani di Parte Guelfa, Filza 39 di Suppliche, c.229
Bibliografia
David Rosenthal, Kings of the Street: Power, Community and Ritual in Renaissance Florence, Turnhout, Brepols: 2015
Luciano Artusi, Tante le acque che scorrevano a Firenze, itinerario tra i giochi d'acqua delle decorative fontane fiorentine, Semper, Firenze 2005.
Giorgio Batini, Firenze curiosa, Bonechi Editore, Firenze 1972.
Salvatore Gioitta, Il Re di Poggio in "Immagini da un assedio", Comune di Poggio a Caiano, 2000
J. Del Badia, Le signorie o potenze festeggianti del contado fiorentino, Firenze, 1876
Roberto Ciabani, Le Potenze di Firenze, una pagina inedita di storia fiorentina, Bonechi editore, Firenze 1994
P.Gori, Il giuoco del calcio e le signorie festeggianti, Firenze, 1902 (ristampa anastatica, Firenze, 1991).
Lamberini- Lazzareschi, Campi Bisenzio - Documenti per la storia del territorio, 1982, Prato.
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