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Tertium non datur

Tertium non datur (tradotto: «Una terza cosa non è data») è una locuzione che sta a significare che non esiste una terza soluzione rispetto ad una situazione che sembra prefigurarne soltanto due. Si potrebbe leggere quindi come: «Non ci sono altre possibilità eccetto queste due». In italiano è detto anche terzo escluso.

L'articolazione della frase, nella sua secchezza e laconicità, è piuttosto semplice: datur è la terza persona singolare passiva del verbo dare (quindi «è dato») e tertium figura come aggettivo neutro sostantivato, in quanto riferito a res, ovvero «cosa»: quando la parola res è sottintesa, l'aggettivo prende il genere neutro. La negazione non compare con lo stesso uso che ne fa la lingua italiana.

Enunciato

A
V F V
F V V

Logica e principio del terzo escluso

Lo stesso argomento in dettaglio: Principio di bivalenza.

L'espressione entra nella formulazione del principio logico del terzo escluso che afferma che due proposizioni formanti una coppia antifatica (p e ¬p) devono avere valore di verità opposto, ovvero non esiste una terza possibilità (Tertium non datur). Esso si trova già formulato nella Metafisica di Aristotele.

In altre parole, non è possibile che due proposizioni contraddittorie siano entrambe non vere, in quanto esso afferma che il valore di verità di una proposizione è sempre opposto a quello della proposizione contraddittoria. Il principio del tertium non datur è più generale del principio di non-contraddizione o di consistenza e implica che se una proposizione è vera, non lo è il suo contrario, fatto che a priori non esclude che entrambe possano essere non vere. Il principio si differenzia anche dal principio di bivalenza che afferma che una proposizione è vera o è falsa.

Le teorie sui fondamenti della matematica, in particolare la scuola intuizionista, non ne danno oggi per scontata l'autoevidenza. La logica fuzzy rifiuta questo principio perché i valori di verità sono presi nell'intervallo chiuso tra vero e falso nel campo dei numeri reali, violandone la polarità. In tutte le logiche in cui i valori di verità sono polari questo principio conserva ancora tutta la sua validità, come si dimostra in logica binaria.

Nella logica proposizionale

Nell'ambito della logica proposizionale, il principio del terzo escluso è formalizzato nel modo seguente:

,

dimostrata dai seguenti passaggi:

Dipende dalla riga n. Riga n. F.b.f. Regola applicata Righe di applicazione della regola
1 (1) assunzione (A)
2 (2) P assunzione (A)
2 (3) Introduzione della disgiunzione (IV) 2
1,2 (4) Introduzione della congiunzione (I) 3 , 1
1 (5) Reductio ad absurdum (RAA) 2 , 4
1 (6) Introduzione della disgiunzione (IV) 5
1 (7) Introduzione della disgiunzione (IV) 6 , 1
(8) Reductio ad absurdum (RAA) 1 , 7
(9) Doppia negazione 8

La tesi era già dimostrata in corrispondenza della riga (6), che tuttavia dipendeva ancora da un'ipotesi, quella assunta nella riga (1). Il principio logico, invece, è universalmente vero e non dipende da alcuna ipotesi, nemmeno quelle assunte in ordine alla tesi da dimostrare. I passaggi dalla riga (7) alla riga (9) comprese sono necessaria per escludere la dipendenza della tesi da qualsivoglia assunzione.

Dal principio del terzo escluso, discendono le due seguenti leggi logiche:

(1*)
(2*)

Inoltre, mediante altri teoremi, si dimostra anche che [1] (3*), verità logica che, ponendo , permette di derivare la legge di identità a partire dal principio del terzo escluso assunto come premessa. Se invece si pone , allora si ha che , che è la prima delle due leggi della doppia negazione. Si noti a questo punto che la parte a destra dell'ultima espressione di sequenza è una legge della logica proposizionale, la sua premessa è in realtà universalmente valida ed è una riscrittura del principio del terzo escluso. La seconda legge di identità afferma che .
Si dimostra anche che è valido il reciproco della precedente proprietà, cioè [2] (4*): ponendo di nuovo , si ha che , e per la (1*) si ha che .

Tradotti in parole, la prima legge afferma che se una cosa implica il suo contrario, allora non può esistere. Ciò smentisce seccamente il noto proverbio secondo il quale i contrari si coimplicherebbero a vicenda, nonché il divenire dell'uno nell'altro reciprocamente. Il corrispondente detto latino è: contraria reciprocantur seu convertuntur.
La seconda legge afferma che un ente non può essere la causa di un effetto e della sua negazione logica, interpretata nella metafisica come il suo contrario o opposto. Ciò ha rilevanti implicazioni logiche e matematiche nella fattibilità della dialettica degli enti secondo Hegel: tesi, antitesi e sintesi.

Data la loro importanza, si riportano in breve le rispettive dimostrazioni:

Tesi:
Dipende dalla riga n. Riga n. F.b.f. Regola applicata Righe di applicazione della regola
1 (1) assunzione (A)
2 (2) P assunzione (A)
1,2 (3) modus ponendo ponens (MPP) 1 , 2
2,3 (4) Introduzione della congiunzione (I) 2, 3
1 (5) Reductio ad absurdum (RAA) 2 , 4

La dimostrazione procede per assurdo. Nella riga (2) viene assunta la negazione della tesi da dimostrare, che è . Per la regola della doppia negazione (passaggio omesso) si ha che . Si arriva ad una contraddizione nella riga (4), che per il principio di non-contraddizione non può essere vera. Allora, si può applicare la regola della riduzione all'impossibile, che, in presenza di una contraddizione, impone di negare l'assunzione che la causa, vale a dire la riga (2). Negando la negazione della tesi nella riga (2), la tesi risulta verificata.

La dimostrazione della seconda legge è la seguente:

Tesi:
Dipende dalla riga n. Riga n. F.b.f. Regola applicata Righe di applicazione della regola
1 (1) assunzione (A)
2 (2) assunzione (A)
3 (3) P assunzione (A)
1,3 (4) Q modus ponendo ponens (MPP) 1 , 3
1,4 (5) assunzione (A) 1 , 4
1,3,4 (6) Introduzione della congiunzione (I) 4 , 5
3, 1, 4[3] (7) Reductio ad absurdum (RAA) 3 , 6

La dimostrazione procede per assurdo. Viene assunta come ipotesi la negazione della tesi da dimostrare che è . Tale ipotesi diviene per la regola della doppia negazione il cui passaggio viene normalmente omesso nel procedimento per assurdo. L'applicazione del modus ponendo ponens alle due premesse nelle righe (4) e (5) conduce alla contraddizione della (6), passaggio necessario per concludere l'impossibilità e irrealtà dell'ipotesi alla riga (3) che viene quindi negata alla (7). Come volevasi dimostrare.

Note

  1. ^ Edward John Lemmon, Elementi di logica con gli esercizi risolti, Laterza, 2017, p. 65, ISBN 978-88-420-2772-0
  2. ^ Edward John Lemmon, Elementi di logica con gli esercizi risolti, Laterza, 2017, p. 66 (dimostrazione n. 49), ISBN 978-88-420-2772-0
  3. ^ Deriva dall'unione delle assunzioni della (3) che è la f.b.f stessa e quelle della (6) che sono le righe identificate nell'insieme (1,3,4)

Voci correlate

Collegamenti esterni

Controllo di autoritàGND (DE4179179-4 · BNF (FRcb120453787 (data)
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