Wladimiro SettimelliWladimiro Settimelli (Lastra a Signa, 9 aprile 1934[1] – Zagarolo, 28 novembre 2017) è stato un fotografo, giornalista e storico della fotografia italiano. BiografiaFiglio di un antifascista condannato al confino, da sempre militante nel P.C.I. inizia a collaborare con la redazione fiorentina dell'Unità. Trasferitosi a Roma continua la sua collaborazione col giornale fondato da Antonio Gramsci. Per l'Unità segue l'alluvione di Firenze, la vicenda della loggia P2 e il caso Kappler. Affianca al giornalismo militante la passione e lo studio della fotografia, tiene per anni una rubrica di storia e critica della fotografia su l'Unità. Collabora con l'editore Cesco Ciapanna per la rivista Fotografare. Pubblica moltissimi libri di storia, cultura e tecnica della fotografia.[2] Collabora in maniera continuativa con l'archivio Alinari, da questo rapporto nascono diversi libri di storia attraverso le collezioni fotografiche come quello su Garibaldi, su Roma o sul Molise. Nel Pioniere dell'Unità del 1965 con i n° 28 e 30[3] e del 1966 n° 24[4] furono pubblicati tre suoi racconti: Camping, Gli ostelli dei Giramondo e Vacanze in bicicletta. Nel 1979 partecipa alla manifestazione Venezia 79 la fotografia che si svolge sotto l'egida dell'UNESCO e dell'International Center of Photography di New York, con un corso sulla riscoperta della storia sociale della fotografia attraverso le vecchie foto.[5] L'interesse di Settimelli per la fotografia non si ferma al semplice fattore estetico, ma considera ogni immagine un documento storico capace di raccontare gli uomini e le loro vicende. I suoi libri e i suoi articoli parlano, più che delle vite dei grandi fotografi, del contenuto e del significato delle loro immagini.[6] Nella ricerca sulla fotografia, impiega tutta la sua esperienza di giornalista investigativo, scoprendo anche falsi eccellenti, come quelli del 20 settembre 1870: le foto dei bersaglieri alla breccia di Porta Pia, che tutti abbiamo visto sui libri di storia, erano state messe in scena il giorno dopo, a battaglia finita. Il fatto che fossero state falsificate era anche quello un dato storico importante perché dimostra la volontà di creare una iconografia più reale del reale.[7] Opere
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