Il territorio si estende su 1.182 km² ed è suddiviso in 128 parrocchie, raggruppate in 10 vicariati: Forlì centro storico, Forlì est, Forlì sud, Forlì sud-ovest, Forlì ovest, Forlì nord-ravennate, Bertinoro-Forlimpopoli, Valle del Bidente, Val di Rabbi e Acquacheta.
La diocesi di Forlì risale ad epoca antica. Tradizionalmente la sua nascita viene fissata al II secolo e viene indicato come protovescovosan Mercuriale, la cui moderna critica storica lo colloca nel IV secolo circa. Benché la tradizione e gli storici locali abbiano elencato una lunga serie di vescovi nei primi secoli, il primo prelato forlivese storicamente documentato e certo è Crescente, vissuto a metà del VII secolo. Fin dai suoi inizi la diocesi di Forlì era suffraganea dell'arcidiocesi di Ravenna.
La prima cattedrale vescovile sorse fuori delle mura urbane, come in quasi tutte le città di Romagna[2]. La pieve di Santo Stefano rimase cattedrale fino al 720, anno in cui la sede episcopale fu trasferita in Santa Croce[3]. Nel Medioevo il capitolo della cattedrale aveva il diritto di eleggere il vescovo, ma, con l'età moderna, questa prerogativa andò perduta. Ancora nel 1433, il capitolo della cattedrale, in accordo con i maggiorenti cittadini, volle decidere l'elezione del vescovo, Guglielmo Bevilacqua, in contrasto però con la volontà di papa Eugenio IV.
Nel 1428 un incendio distrusse completamente una scuola di Forlì, lasciando intatta solo un'effigie cartacea della Vergine, da allora venerata dai forlivesi con il titolo di Vergine del Fuoco. Nello stesso secolo è registrato a Forlì un altro fatto miracoloso riguardo ad un'altra immagine mariana, che colpita da un pugnale, avrebbe schizzato sangue dalla ferita, dando origine alla devozione della Madonna della ferita.
Verso la metà del XVII secolo fu istituito il seminario vescovile di Forlì, ad opera del vescovo Giacomo Teodolo.
Il 7 luglio 1850 cedette una porzione di territorio a vantaggio dell'erezione della diocesi di Modigliana (oggi diocesi di Faenza-Modigliana).
Nella ricostruzione storica della cronotassi dei vescovi, nel corso dei secoli molti nomi spuri si sono aggiunti all'elenco, che solo a partire dagli studi di Lanzoni sono stati emendati. Dalla tradizionale cronotassi, riportata da Cappelletti, secondo il recente studio di Franco Zaghini sono da rimuovere i vescovi Grato, Sabino, Asello, Fortunato, Mailoco, Stefano, Magno, Anfriso e Agilulfo.
Le vicende della diocesi furono strettamente legate a quelle della città, coinvolta in diversi scontri, a partire dalle invasioni bizantine e longobarde del VII secolo e dall'invasione da parte di Federico Barbarossa nel XII secolo.
Nel 1360 Forlimpopoli fu distrutta dal cardinaleGil Álvarez Carrillo de Albornoz, e la sede della diocesi trasferita a Bertinoro. Il primo vescovo di Bertinoro fu il francese Roberto Boyssel, vescovo di Forlimpopoli dal 1359. Assumendo il titolo della nuova diocesi ereditò per sé e i suoi successori i diritti sulla diocesi forlimpopolese[7].
Il titolo di chiesa principale della nuova diocesi fu assegnato a un piccolo edificio sacro sito nella piazza centrale del paese, adiacente al palazzo comunale. La chiesetta, intitolata a Santa Caterina d'Alessandria, dovette essere ampliata. I lavori si svolsero nel Quattrocento. Nel 1393 le cronache registrarono un fatto portentoso: una croce azzurra sarebbe apparsa sopra il fonte battesimale per undici giorni di fronte a tutto il popolo. Sin dall'Alto Medioevo l'unico fonte del paese si trovava nella pieve di Santa Maria, sita sul monte Cesubeo non lontano dalla rocca.
Nella seconda metà del XVI secolo il vescovo Giovanni Andrea Caligari ricostruì la cattedrale di Bertinoro e lasciò l'originaria sede in borgo Carnevali per prendere residenza nella rocca, donatagli da papa Clemente VIII. Il fonte battesimale venne trasferito nella nuova cattedrale[7].
Durante il dominio napoleonico, nel 1803 fu stipulato tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana un concordato che prevedeva la soppressione della diocesi di Bertinoro assieme a quella di Sarsina, «a condizione che le rispettive diocesi siano riunite di comune concerto ad altre diocesi vicine».[8] Di fatto però questa decisione non fu mai ratificata da un provvedimento canonico pontificio, e il vescovo Giacomo Boschi poté rimanere sulla sua sede fino al 1807, quando fu trasferito a Carpi. Seguirono diversi anni di sede vacante, durante i quali la diocesi fu affidata in amministrazione all'arcivescovo di Ravenna, in qualità di metropolita. Nel 1817 fu nominato un nuovo vescovo di Bertinoro, il cappuccino Federico Bencivenni, ma poiché molti dei beni ecclesiastici erano stati venduti, si trovava in una situazione economica miserevole.
Il 28 agosto 1824 in forza della bollaDominici gregis di papa Leone XII la sede di Bertinoro fu unita a quella di Sarsina. L'unione con Sarsina, problematica soprattutto per la difficoltà di comunicazione tra le due sedi, fu revocata attorno al 1872, quando la diocesi di Sarsina tornò ad avere un proprio vescovo.
Il 7 luglio 1850 cedette una porzione di territorio a vantaggio dell'erezione della diocesi di Modigliana (oggi diocesi di Faenza-Modigliana).
Al momento dell'unione definitiva con la diocesi di Forlì, Bertinoro comprendeva 41 parrocchie nei comuni di Bertinoro (8), Cesena (5), Civitella di Romagna (4), Forlì (6), Forlimpopoli (5), Meldola (5), Predappio (7) e Santa Sofia (1).[9]
Sedi unite
Il 9 giugno 1976 Giovanni Proni, vescovo di Bertinoro e coadiutore di Paolo Babini a Forlì, succedette al Babini sulla sede forlivese, unendo così in persona episcopi le due diocesi.
Il 30 settembre 1986, in forza del decreto Instantibus votis della Congregazione per i Vescovi, fu stabilita la piena unione delle due diocesi e la nuova circoscrizione ecclesiastica ha assunto il nome attuale.
Cronotassi dei vescovi
Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.
^Augusto Vasina, Romagna medievale, Ravenna, Longo, 1969. Gli esempi sono numerosi: Imola, Faenza e la stessa Ravenna, la cui prima sede vescovile fu Classe.
^Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, serie generale, nº 285, 9 dicembre 1986, pp. 16-18. In questo numero della Gazzetta Ufficiale è contenuto l'elenco delle 86 parrocchie della diocesi che ottennero la qualifica di "ente ecclesiastico civilmente riconosciuto" dal Ministero dell'Interno, in forza della Legge 20 maggio 1985 n. 222, art. 29. Tale qualifica fu concessa con decreto ministeriale del 20 novembre 1986 su richiesta del vescovo di Forlì del 26 giugno precedente.
^abLeardo Mascanzoni, Territorio, insediamenti, popolamento e viabilità in Storia di Bertinoro, coordinamento di A. Vasina, Cesena, Società Editrice Il Ponte Vecchio, 2006, pp. 113-144
^Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, serie generale, nº 269, 19 novembre 1986, pp. 25-26. In questo numero della Gazzetta Ufficiale è contenuto l'elenco delle 41 parrocchie della diocesi che ottennero la qualifica di "ente ecclesiastico civilmente riconosciuto" dal Ministero dell'Interno, in forza della Legge 20 maggio 1985 n. 222, art. 29. Tale qualifica fu concessa con decreto ministeriale del 5 novembre 1986 su richiesta del vescovo di Bertinoro del 24 giugno precedente.
^Secondo Lanzoni Teodoro non fu vescovo Foroliviensis ma Foroiuliensis, ossia di Fréjus.
^I vescovi Rainero, Teodorico e Ottone sono collocati da Cappelletti nella seconda metà del X secolo senza alcun riferimento cronologico più preciso; Gams invece li pone nella prima metà dell'XI secolo, poiché Uberto è, a suo avviso, ancora menzionato nel 997.
^Dioecesanae synodi Forolivien. decreta sub illustriss. ac reuerendiss. D. D. Claudio Ciccolino, Dei et apostolicae sedis gratia episcopo Forolivii anno domini 1675, Forlì, Dandi & Saporetti, 1675; Dioecesanae synodi Forolivien. decreta sub illustriss. ac reuerendiss. D. D. Claudio Ciccolino, Dei & apostolicae sedis gratia episcopo Forolivii anno domini 1686, Forlì, apud I. Sylvam, 1686.
^Prima dioecesana synodus quam d. Mercurialis Prati ordinis S. Benedicti congregationis Vallisumbrosae, Dei & apostolicae sedis gratia Foroliviensis ecclesiae episcopus ... in sua cathedrali ecclesia celebravit anno 1792, Faenza, Genestri, 1793.
^Vescovo electus o designatus fino al 1256, anno della sua consacrazione. Il secondo termine da alcuni autori è stato erroneamente interpretato come il nome di un vescovo di Forlimpopoli.
Gian Michele Fusconi, Forlì e suoi vescovi. Appunti e documentazione per una storia della Chiesa di Forlì, vol. 3 - Il secolo XVI, Milano, Vita e Pensiero, 2003
Vittorio Bassetti, Presenza francescana nella diocesi di Forlimpopoli (secoli XIII-XIV), in Ravennatensia, XVII (1993), pp. 197–206.
Vittorio Bassetti, Una fonte primaria del medioevo forlimpopolese: la "Donazione" del vescovo Ubertello, in Atti e Memorie, XLIX (1998), pp. 39–57.
Vittorio Bassetti, Memorie storiche del monastero forlimpopolese di San Giovanni Battista (secoli XVII-XVIII), in Forlimpopoli. Documenti e Studi, IX (1998), pp. 33–68.