Diocesi di Padova
La diocesi di Padova (in latino Dioecesis Patavina) è una sede della Chiesa cattolica in Italia suffraganea del patriarcato di Venezia appartenente alla regione ecclesiastica Triveneto. Nel 2021 contava 1.000.240 battezzati su 1.046.855 abitanti. È retta dal vescovo Claudio Cipolla. TerritorioIl territorio diocesano presenta una conformazione a dir poco complessa, in quanto non corrisponde alla provincia di Padova e giunge a comprendere l'Altopiano dei Sette Comuni in provincia di Vicenza, la maggior parte della Riviera del Brenta in provincia di Venezia, l'area del massiccio del Grappa posta a cavallo tra le province di Vicenza, Treviso e Belluno, nonché alcuni comuni adagiati sul medio Piave nelle province di Treviso e Belluno. Le parrocchie fuori dalla provincia di Padova sono 36 nella città metropolitana di Venezia, 78 nella provincia di Vicenza, 13 nella provincia di Treviso e 15 nella provincia di Belluno. Evoluzione storicaGli storici fanno corrispondere i confini con quelli dei municipia romani di Patavium e Ateste e, nel primo periodo, di Vicentia, il che giustificherebbe l'appartenenza al territorio dell'Altopiano di Asiago. Il primo dato certo riguardo ai confini risale però all'897, quando il re d'Italia Berengario del Friuli donò al suo cancelliere, il vescovo Pietro, la vasta corte di Sacco, che comprendeva tutta l'area sudorientale dell'attuale provincia di Padova. Pochi anni dopo, nel 917, trasferiva allo stesso vescovo il pieno dominio dell'intera valle del Brenta, fino al suo sbocco a Solagna, e delle zone adiacenti[2]. In tal modo veniva assegnato al vescovo di Padova l'impegnativo compito di "guardiano della Valsugana" e si dava al suo territorio una singolare configurazione "a due tronconi": quello meridionale più popoloso e pianeggiante, quello settentrionale montuoso, attorno all'asta fluviale del Brenta, che abbraccia il Pedemonte e tutto l'Altopiano di Asiago, il massiccio del Grappa e le Prealpi Feltrine. Nel 1786, su pressione dell'arciduca d'Austria, Padova cedette alla diocesi di Trento (oggi arcidiocesi) la parrocchia di Brancafora (attuale Pedemonte)[3]. La geografia "a due tronconi" resistette fino alla riforma ecclesiastica asburgica del 1818, che puntava alla delimitazione di circoscrizioni diocesane territorialmente compatte. Con la bolla De salute Dominici gregis del 1º maggio 1818 papa Pio VII stabilì il passaggio dalla diocesi di Padova a quella di Vicenza delle parrocchie pedemontane di Breganze, Friola, Marostica, Mason, Molvena, Nove, Pianezze San Cristoforo, Pianezze San Lorenzo, Schiavon e Villaraspa, mentre Padova ricevette in cambio Villa del Conte, Sant'Anna Morosina, Onara, Cittadella, Rossano, Lozzo e Selvazzano. Padova ricevette inoltre la parrocchia di Primolano dalla diocesi di Feltre (oggi diocesi di Belluno-Feltre), quella di Barbona dalla diocesi di Adria (oggi diocesi di Adria-Rovigo) e quella di Cinto Euganeo dalla diocesi di Verona. Per effetto di tali aggiustamenti, la diocesi che prima si componeva di due zone non contigue assunse l'attuale conformazione "a clessidra", con Cittadella a fare da congiunzione fra la zona alta e quella bassa. Nel 2024 la parrocchia di Mure di Colceresa è stata ceduta alla diocesi di Vicenza. Chiese e VicariatiSede vescovile è la città di Padova, dove si trova la basilica cattedrale di Santa Maria Assunta. Nel territorio sorgono, oltre alla cattedrale e alla pontificia basilica di Sant'Antonio, altre 4 basiliche minori: la basilica di Santa Giustina e la Basilica di Santa Maria del Carmine a Padova, la basilica di Santa Maria Assunta a Teolo, e la basilica di Santa Maria delle Grazie a Este. Il territorio è suddiviso in 459 parrocchie, raggruppate in 32 vicariati. Basilica di Sant'Antonio di PadovaLa pontificia basilica del Santo non è compresa nel territorio diocesano poiché direttamente soggetta alla Santa Sede: è rappresentata da un delegato pontificio, carica attualmente ricoperta dall'arcivescovo Diego Giovanni Ravelli. StoriaLe origini e i primi secoliLa fondazione della chiesa di Padova è tradizionalmente attribuita a san Prosdocimo che, inviato da san Pietro, avrebbe iniziato l'opera di evangelizzazione e di organizzazione ecclesiastica dell'entroterra veneto, opera continuata dai suo successori, i santi Massimo e Fidenzio; figura di grande rilievo nella prima storia cristiana di Padova è la conversione della giovane Giustina, martirizzata durante le persecuzioni di Diocleziano. Recenti studi tendono a ricondurre la fondazione della cattedra patavina e di una definita formazione ecclesiastica attorno al 250. Alla metà del IV secolo fu ospite a Padova, alla sede del vescovo Crispino, Atanasio di Alessandria; mentre, nel successivo concilio di Aquileia, era presente un certo Giovino, che alcuni studiosi identificano come vescovo di Padova. Tra il V e VI secolo le testimonianze storiche si concentrano attorno al culto di santa Giustina e alla sua basilica extra moenia, centro spirituale di primaria importanza dove si raccolsero insigni reliquie, tra cui quelle dell'evangelista Luca e dell'apostolo Mattia e dei martiri padovani. Era pure luogo eletto alla sepoltura dei vescovi, mentre la cattedrale cadde vittima, con il resto della città, delle numerose invasioni dei visigoti, bizantini ed ungari. Di questa oscura stagione, che portò la Patavium romana all'aspetto di una rovina fumante (nella prima metà del VII secolo), sappiamo che i vescovi usarono rifugiarsi verso la laguna, a Malamocco[4], comportando un precipitoso decadimento della tradizione cristiana patavina tanto che la stessa cronotassi dei vescovi, prima del IX secolo, si fa imprecisa e fumosa, complice pure la scarsità delle fonti e la povertà delle testimonianze archeologiche. Il vescovo Ursiniano, pur residente a Malamocco, si firmò come episcopus sanctae ecclesiae Paduanae negli atti del sinodo romano del 680. Al tempo del vescovo Domenico invece, che fu presente al concilio di Mantova dell'827, quasi certamente la sede era stata riportata a Padova, poiché a quel concilio non furono presenti vescovi lagunari[5]. Il medioevoDopo un buio periodo, legato alla totale decadenza della Patavium saccheggiata, con l'età carolingia si attua un lento restauro degli organismi ecclesiastici nella sintonia tra vescovi e casa imperiale. Le donazioni di Berengario del Friuli e la concessione di poter innalzare castelli per difesa propria e della popolazione resero responsabile i vescovi dell'ordine politico e territoriale rendendoli effettivi feudatari in contrasto col sorgere insistente di potenze signorili di ambito rurale. Per garantire l'assoluta indipendenza dell'Abbazia di Santa Giustina, ma anche dei monasteri di San Pietro e Santo Stefano alla metà del X secolo il vescovo Ildeberto concedette prebende e benefizi di notevole entità che andavano a sommarsi a quelli della schola sacerdotum, l'Amplissimo capitolo della cattedrale, già esistente nel IX secolo, a cui si aggregavano le pievi disseminate per l'intero territorio diocesano. Il prestigio della cattedra patavina impennò con la figura del vescovo Gauslino, vicinissimo ad Ottone II, che lo volle al concilio di Ravenna, tra i pochi episcopi mitrati italici presenti. L'influenza imperiale culminò con la salita alla cattedra di Bernardo che aveva il titolo di cappellano di Enrico III e di Waltolff, proveniente dal capitolo canonicale della cattedrale di Augusta. Nel frattempo non sappiamo come venissero accolte le disposizioni canoniche provenienti da Roma per iniziativa dei papi Leone IX e Niccolò II, emanate ad arginare il fenomeno della simonia e del concubinato. Verso il XI secolo la curia dei vassalli vescovili, ricca di arimanni ovvero i ricchi aristocratici rurali che nel frattempo si erano stanziati in città (come i da Carrara, i da Fontaniva, i Maltraversi), riuscì ad isolare parte del proprio potere, preparando quello che sarebbe diventato il libero comune di Padova, nascente anche grazie al forte senso di civitas che la popolazione stava riscoprendo assieme ad un'elevata spiritualità diffusa soprattutto dai monaci e dalle monache dell'ordine di San Benedetto. Proprio alla fine del secolo XI vanno a collocarsi le grandi inventiones dei corpi santi Massimo, Giuliano e Felicita alla quale fu partecipe lo stesso Papa Leone IX, in passaggio per Padova, mentre nel 1075 venne ritrovato, sotto il pavimento della Basilica di Santa Giustina, il corpo di san Daniele levita, poi portato nella confessiones della cattedrale. Il forte senso civico portò a corrompere i rapporti tra la chiesa padovana ed il potere imperiale. Non a caso Enrico IV soggiornò a Padova a più riprese tra 1090 e 1097 per sanare la frattura tra il clero riluttante ad accettare le nomine non provenienti dalla curia romana, tanto che il vescovo Pietro IV fu costretto a chiedere diretto intervento alla corte, che non riuscì a bloccare la sua deposizione al Concilio di Guastalla; fu sostituito dal vescovo Sinibaldo che però dovette rifugiarsi ad Este perché cacciato dalla città per violentiam regiam. Il ministero di Sinibaldo fu lungo, colpito dal grande terremoto del 1117 che portò al crollo di gran parte della città, fu legato profondamente a Matilde di Canossa. In questo periodo fiorirono le numerose comunità cenobitiche della diocesi, tra cui l'abbazia di Santa Maria a Praglia (dipendente dell'abbazia di San Benedetto in Polirone), l'abbazia di Santa Maria delle Carceri e l'abbazia di San Michele a Candiana. La situazione mutò soltanto in seguito al concordato di Worms, quando dopo la figura del vescovo Bellino Bertaldi si susseguirono episcopati legati alla sede romana, mentre in seguito alla formazione della Lega Lombarda andava ad inasprirsi il rapporto tra la chiesa padovana e quella primaziale di Aquileia, chiaramente filoimperiale: al concilio di Ravenna, il vescovo Gerardo dovette piegarsi a chiedere perdono al patriarca aquileiense. La chiusura del secolo XII fu caratterizzata dal progressivo riordino dei benefizi e dei confini delle pievi e delle chiese curaziali. Il XIII secolo fu caratterizzato dai grandi movimenti del clero regolare: l'abbazia di Santa Giustina, guidata dal carismatico abate Arnaldo da Limena, nel 1239 accolse Federico II; l'ordine benedettino degli albi, fondato da Giordano Forzatè fiorì a San Benedetto Vecchio, San Benedetto Novello, San Giovanni di Verdara e Santa Maria in Vanzo. I canonici regolari si stanziarono nelle chiese di santa Sofia e san Michele mentre l'abbazia di Praglia fondò in città tra il 1185 e il 1186 l'ospitium e la chiesa di sant'Urbano. Anche la presenza degli ordini ospitalieri favorì il sorgere di numerosi hospitalia. Ma fu il fiorire dei nuovi ordini mendicanti ad aprire una nuova stagione edificatoria, verso la metà del secolo: la costruzione della chiesa dei Santi Filippo e Giacomo per la comunità degli Agostiniani, la chiesa di Sant'Agostino per i Domenicani, la chiesa di Santa Maria del Carmine per i Carmelitani, ma soprattutto lo sviluppo del grande complesso antoniano dopo la canonizzazione di Sant'Antonio, avvenuta nel 1232 tramutò la città in uno dei fondamentali centri del francescanesimo europeo. Il periodo venezianoNel Cinquecento il vescovo decide di costruire una grandiosa villa a Torreglia, su un'altura ai piedi dei Colli Euganei, ispirata ad una domus romana. La villa nata come rifugio dalla calura nel periodo estivo e come cenacolo di artisti e letterati, ebbe varie ristrutturazioni e rimase proprietà della diocesi fino al 1962. Divenuta proprietà del Fondo Ambiente Italiano, è ancora oggi nota come Villa dei Vescovi. Nel 1671 il vescovo Gregorio Barbarigo istituì il seminario diocesano, a cui nel 1684 aggiunse una tipografia. Da sempre parte della provincia ecclesiastica di Aquileia, con la soppressione di quest'ultima, il 19 gennaio 1753, in forza della bolla Suprema dispositione di papa Benedetto XIV, la diocesi di Padova divenne suffraganea dell'arcidiocesi di Udine, nuova sede metropolitana per quella parte dell'antico patriarcato che si trovava nel territorio della Serenissima.[6] Gli ultimi due secoliIl 1º maggio 1818, in forza della bolla De salute Dominici gregis di papa Pio VII, Udine divenne semplice vescovato e Padova venne aggregata alla provincia ecclesiastica di Venezia. Contestualmente cedette 10 parrocchie alla diocesi di Vicenza, e in cambio ottenne una parrocchia ciascuna dalle diocesi di Verona, Feltre e Adria e altre 7 dalla stessa diocesi di Vicenza.[7] Nel 1908, per volere del vescovo Luigi Pellizzo, venne fondato il settimanale diocesano La Difesa del popolo. Nel 1950 nacque il Cuamm (Collegio universitario aspiranti medici missionari), per iniziativa del professor Francesco Canova, già medico missionario in Giordania, e con l'assenso del vescovo Girolamo Bortignon.[8] Nel 1960 aprì a Sarmeola di Rubano l'Opera della Provvidenza S. Antonio (O.P.S.A.), una grande struttura residenziale che accoglie persone con gravi disabilità. Fu voluta dal vescovo Girolamo Bortignon nel 1955, in seguito alla sua prima visita pastorale alle parrocchie della diocesi, durante la quale rilevò la situazione di emarginazione e bisogno in cui vivevano tante persone, la cui assistenza gravava esclusivamente sulle loro famiglie.[9] Dopo aver acquistato il palazzo Trevisan-Mion di via Zabarella, nel 1974 la curia padovana lo assegnò al neonato Centro universitario vescovile, destinandolo ad attività pastorali nell'ambito dell'Università di Padova.[10] Nel 2000 è stato inaugurato il Museo diocesano, allestito negli ambienti del Palazzo vescovile. Dal 2005 ha sede a Padova la Facoltà teologica del Triveneto, di cui il vescovo di Padova è per statuto vice-gran cancelliere. Il 22 dicembre 2024, come segno post-sinodale, il vescovo Claudio Cipolla ha elevato la chiesa dell'Opera della Provvidenza di Sant'Antonio di Sarmeola di Rubano, a santuario diocesano "Maria Madre della Provvidenza". Missioni diocesaneLa diocesi di Padova è presente con propri missionari fidei donum nei seguenti Paesi:[11]
Santi e beati legati alla diocesi
Cronotassi dei vescoviSi omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati. La seguente cronotassi, fino alla fine del XIII secolo, ripete il catalogo dei vescovi di Padova, redatto in questa stessa epoca e menzionato nel Liber Regiminum Paduae, nella versione corretta da Ludovico Antonio Muratori.[12]
StatisticheLa diocesi nel 2021 su una popolazione di 1.046.855 persone contava 1.000.240 battezzati, corrispondenti al 95,5% del totale.
Note
Bibliografia
Voci correlate
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