DistopiaUna distopìa, o anche anti-utopia, contro-utopia, utopia negativa o cacotopia[1], è una descrizione o rappresentazione di una realtà immaginaria del futuro, ma prevedibile sulla base di tendenze del presente percepite come altamente negative, in cui viene presagita un'esperienza di vita indesiderabile o spaventosa. Ponendosi in contrapposizione ad un'utopia, una distopia viene tipicamente prefigurata come l'appartenenza ad un'ipotetica società o ad un ipotetico mondo caratterizzati da alcune espressioni sociali o politiche opprimenti, spesso in concomitanza o in conseguenza di condizioni ambientali o tecnologiche pericolose, che sono state portate al loro limite estremo.[2][3][4][5][6] EtimologiaIl termine distopia è composto dai termini del greco antico "δυς-" (dys-) = "cattivo", un prefisso che aggiunge il concetto altamente negativo di contrarietà, difficoltà, erroneità, dubbiezza, e "τόπος" (topos) = "luogo". Il termine cacotopia è formato dall'aggettivo greco "κακός" (cacòs) = "cattivo" e "τόπος" (topos). Gli altri sinonimi sono formati da "ἀντί-" (anti-) = "contro" oppure "ψευδής" (pseudes) = "falso" unite al termine "utopia", a sua volta composto da "οὐ-" (u-) = "non" e "τόπος" (topos), che significa "non-luogo", cioè un luogo che non esiste, da intendersi con l'accezione di "luogo ideale". Secondo l'Oxford English Dictionary[2], il termine fu coniato nel 1868 dal filosofo John Stuart Mill[7], che si serviva anche di un sinonimo proposto da Jeremy Bentham nel 1818, cacotopìa.[1] Entrambe le parole si basano sul termine utopia, luogo dove tutto è come dovrebbe essere. Distopia è quindi l'esatto opposto,[4] un luogo del tutto spiacevole e indesiderabile. Spesso la differenza fra utopìa e distopìa dipende dal punto di vista dell'autore dell'opera. I testi distopici appaiono come opere di avvertimento, o satire, che mostrano le tendenze negative attuali svilupparsi sino a raggiungere dimensioni apocalittiche. Dunque la distopia descrive pericoli percepiti nella società attuale ma collocati in un contesto distante nel tempo e nello spazio, come nelle opere fantascientifiche di H. G. Wells. Tematiche narrative«La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l'ignoranza è forza.» Tra le opere di rilievo del filone distopico vi sono le narrazioni fantapolitiche antitotalitarie della prima metà del Novecento, tra cui Il padrone del mondo (Lord of the World, 1907) di Robert Hugh Benson, Il tallone di ferro (The Iron Heel, 1908) di Jack London, Noi (Мы, 1921) di Evgenij Ivanovič Zamjatin, che presenta già tutti i tratti delle distopie moderne[8] ed è considerato il primo romanzo distopico[9], Il mondo nuovo (Brave new world, 1932) di Aldous Huxley, Qui non è possibile (It Can't Happen Here, 1935) di Sinclair Lewis, Antifona (Anthem, 1938) di Ayn Rand e 1984 (Nineteen Eighty-Four, 1949) di George Orwell e Il racconto dell’ancella (The Handmaid’s Tale, 1985) di Margaret Atwood. Nella narrativa un numero considerevole di storie di fantascienza,[4] ambientate in un futuro prossimo e appartenenti al genere cyberpunk, usa le regole della distopia per delineare mondi dominati dalle corporazioni high-tech in cui i governi nazionali stanno diventando sempre più irrilevanti. È dunque il genere della fantascienza postapocalittica quello che più caratterizza la narrativa distopica tra XX e XXI secoli, diffondendosi al punto di diventare il più diffuso nelle serie destinate a un pubblico di giovani adulti (YA)[8]. Alcune caratteristiche sono comuni alla maggior parte dei romanzi distopici del Novecento e del XXI secolo. Più precisamente, possono essere individuati due principali filoni narrativi: il primo rappresenta soprattutto eventuali società future (rispetto al tempo in cui è scritto il romanzo) in cui il potere dell'autorità (politica, religiosa, tecnologica, ecc.) pretende di controllare ogni aspetto della vita umana[10]; il secondo rappresenta o la distruzione del vivere civile o una sua massima degradazione dovuta a catastrofi globali, per lo più causate dall'uomo. Un terzo filone, che in un certo senso si pone a metà tra i primi due, predilige la rappresentazione di determinate società umane sull'orlo del disastro: in questo caso la fine della civiltà, che nella narrazione esiste ancora, viene avvertita come imminente. Di recente il successo delle distopie nella cultura contemporanea è stato oggetto di critiche, e posto in relazione con le retoriche apocalittiche dell'estrema destra e le pratiche del capitalismo[11]. Per quanto riguarda il primo filone (dei "totalitarismi"):
Per quanto riguarda il secondo filone (postapocalittico):
Note
Bibliografia
Voci correlate
Altri progetti
Collegamenti esterni
|