Enrico Maria Salerno, all'anagrafe Enrico Salerno[1] (Milano, 18 settembre1926 – Roma, 28 febbraio1994), è stato un attore, doppiatore, regista e conduttore televisivoitaliano.
Interprete di grande talento, dalla solida formazione teatrale, è considerato uno degli attori più completi e versatili nella storia dello spettacolo italiano, avendo spaziato con risultati spesso eccellenti in un vastissimo repertorio, dai classici del teatro al cinema d'autore e di genere, dalla televisione al doppiaggio.
«Io resto sempre e comunque con Diderot e mai con Stanislavskij: non credete a quegli attori che parlano di transfert, di emozioni medianiche. È solo un mestiere e neanche dei più nobili, visto che si cerca di rendere vero il falso[2].»
Tra le figure più rappresentative dello spettacolo italiano nella seconda metà del Novecento, nella sua carriera d'attore interpreta 102 spettacoli teatrali, gira 92 film come interprete, 3 come regista, innumerevoli tv-movie, centinaia di ore di trasmissioni TV, centinaia di ore di radio.
Come regista colse un grande successo al primo film, Anonimo veneziano (1970), struggente storia d'amore e morte scritta con Giuseppe Berto e accompagnata da una fortunatissima colonna sonora eseguita da Stelvio Cipriani, cui seguirono Cari genitori (1973) ed Eutanasia di un amore (1978), tratto dall'omonimo romanzo di Giorgio Saviane, che collaborò pure alla sceneggiatura. I film di Salerno ebbero in comune il tema melodrammatico del distacco dagli affetti e dalla famiglia, con una sottesa critica ai costumi e ai vincoli della società moderna.[7]
Fu molto prolifica e di grande rilievo anche la sua attività televisiva, che incominciò prestissimo: già nel 1954 Salerno prese parte ad alcuni adattamenti di opere teatrali (tra cui Il piacere dell'onestà di Pirandello). In pochi anni fu eccellente protagonista di sceneggiati di successo: Orgoglio e pregiudizio, Umiliati e offesi, Mastro Don Gesualdo e di grandi classici del teatro: Romeo e Giulietta, Le tre sorelle, Macbeth, Antonio e Cleopatra. Giunto al culmine della notorietà, nel 1959 partecipò a un originale televisivo che fece epoca, I figli di Medea: la storia del rapimento di un improbabile figlio di Enrico Maria Salerno e Alida Valli da parte dello stesso attore appassionò l'intero paese rivelando al pubblico italiano l'incredibile potere di persuasione del nuovo mezzo di comunicazione.
In seguito ottenne un'enorme popolarità nel biennio 1968-69 come protagonista del telefilm La famiglia Benvenuti: suoi compagni di lavoro erano Valeria Valeri, Gina Sammarco e il piccolo Giusva Fioravanti, che anni dopo avrebbe fondato il gruppo terroristico neofascistaNAR. La serie, considerata l'antesignana delle moderne fiction, è il primo sceneggiato scritto appositamente per la televisione, incentrato sulle vicende di una comune famiglia borghese italiana.
Prese parte anche agli sketch della rubrica pubblicitaria televisiva Carosello: da 1965 al 1966 pubblicizzò, insieme a Giulio Platone, la benzina e l'olio lubrificante della Total; nel 1969, con Ciccio Barbi, la Pura Lana Vergine per il Segretariato internazionale della Lana e nel 1970 ancora la Pura Lana Vergine, insieme a Lia Tanzi; dal 1974 al 1976 le cucine componibili Salvarani.
Enrico Maria aveva tre fratelli: Giovanbattista, detto Titta (artista e professore d'arte), Ferdinando (compositore di musica) e Vittorio (regista). Si è sposato due volte. La prima con Fioretta Pierella, dalla quale ha avuto quattro figli: Giambattista, Eduardo, Petruccio e Nicola. La seconda con l'attrice Laura Andreini, con cui ha vissuto gli ultimi dodici anni della sua vita.
Fuori dal matrimonio ebbe una relazione con l'attrice e doppiatrice Valeria Valeri: ebbe da lei una figlia (che riconobbe e a cui diede il suo cognome), Chiara, anch'ella divenuta attrice e doppiatrice.
Mentre recitava in Viola, violino e viola d’amore, commedia musicale di Garinei e Giovannini del 1967, Enrico Maria Salerno iniziò una relazione con Alice Kessler, una delle gemelle del famoso duo delle Gemelle Kessler, ma dopo quattro anni il rapporto naufragò a causa della persistenza del matrimonio di Salerno.[11]
Alla fine degli anni settanta ebbe inoltre una relazione con l'attrice Veronica Lario, con cui recitò nello spettacolo teatrale Il magnifico cornuto, e che in seguito sarebbe divenuta la seconda moglie di Silvio Berlusconi. Enrico Maria Salerno era agnostico.[12]
La critica
Secondo Ugo Volli, "Salerno è stato uno degli attori più popolari del teatro italiano, molto amato dal pubblico soprattutto per una capacità di comunicazione semplice e diretta, per un rapporto lineare e privo di ambiguità coi suoi personaggi, per una pratica dell'identificazione coi suoi ruoli che andava al di là della tecnica e delle convenzioni, toccando naturalmente quella zona difficile ma essenziale del mestiere dell'attore in cui il lavoro teatro confina con la psicologia del profondo, con l'indistinzione fra il sé e l'altro... Ma al di là degli aspetti esteriori di una carriera fra le più cospicue del teatro italiano del dopoguerra, al di là di un grande, indubitabile talento, nella memoria degli spettatori resterà il coraggio e la lucidità di un attore straordinariamente capace di scavare in se stesso, di esporsi, di rischiare se stesso sul palcoscenico".[13]
Per Masolino D'Amico "Salerno era un attore sommo che il teatro aveva prestato troppo spesso al cinema e alla tv in virtù della sua fotogenia e della sua versatile bravura, all'origine dell'enorme varietà dei ruoli propostigli... Ma la vera misura di sé Salerno la diede sul teatro, dove solo una certa discontinuità delle sue apparizioni gli impedì di essere acclamato ufficialmente come il massimo attore della sua generazione".[14]
Il regista Florestano Vancini, che diresse in diverse occasioni l'attore milanese, così sintetizzava la sua arte di attore: "I personaggi che gli si affidavano parevano acquistare sempre un altro spessore rispetto all'intuizione iniziale. E ciò accadeva perché Salerno non era l'attore che adattava il personaggio a se stesso rendendosi così sempre riconoscibile, se non prevedibile. La sua straordinaria duttilità gli ha permesso di interpretare fra teatro, cinema e televisione una gamma infinita di personaggi assolutamente diversi l'uno dall'altro. A molti attori, anche grandi, è accaduto di crearsi una specie di modello o cliché e di prestarlo di volta in volta ai vari personaggi interpretati. Credo che Salerno in tutta la sua carriera non abbia mai ripetuto un gesto, un vezzo già utilizzato."[15]
Lo scrittore e regista Michele Perriera, in un suo libro, distingueva la carriera dell'attore in due periodi, privilegiando nettamente il primo: "Non parlo certo del Salerno degli anni settanta e ottanta - quell'attore perduto nel mestiere. Il Salerno che ho amato era quello degli anni cinquanta e sessanta: quel suo sottotono pastoso e assorto, quella voce calda e carezzevole che sembrava tuttavia emergere da un sostrato di tormento, di follia, di ubriachezza dello spirito. Nel suo febbrile e ritroso verismo c'era qualcosa delle vecchie baccanti; qualcosa che faceva avvertire modernamente, ermeticamente le radici dionisiache del teatro".[16]
Per il critico Maurizio Giammusso: "In un tempo in cui la recitazione ancora risentiva gli echi enfatici di vecchi modelli, e la lezione dell'asciuttezza di Eduardo non era ancora così penetrata, Salerno era il rigore, il prosciugarsi, la tecnica del “togliere, togliere, togliere”, la sublimazione del personaggio, la lotta contro ogni concessione. Un attore moderno, più di tutti gli altri".[17]
^In realtà, il suo vero nome risulta essere unicamente Enrico Salerno. Fu durante le prime esperienze teatrali che decise di affiancare al nome anagrafico quello di Maria, probabilmente come affettuoso omaggio alla madre Milka (il cui nome corrisponde all'italiano Maria). Vedasi, a riguardo, la voce dedicata all'attore nel Dizionario Biografico degli Italiani della Treccani http://www.treccani.it/enciclopedia/enrico-salerno_(Dizionario-Biografico)/.
^Io, commesso viaggiatore della mediocrità, di Giuseppina Manin, in Corriere della Sera, 3 gennaio 1993.