Giovanni Francesco Bonomi
Giovanni Francesco Bonomi (o Bonhomini, Bonomigni, o - più semplicemente - Bonomi) (Cremona, 6 dicembre 1536 – Liegi, 26 febbraio 1587) è stato un vescovo cattolico italiano, vescovo di Vercelli e nunzio apostolico dapprima in Svizzera, poi in Austria e infine a Colonia. BiografiaGiovanni Francesco Bonomi nacque in una famiglia patrizia[1] di Milano ma che risiedeva a Cremona.[2] Studiò giurisprudenza presso le università di Bologna e Pavia,[1][2][3] diventando dottore in utroque iure[2]. A Roma - dove fu ordinato presbitero[3] - fu dapprima uditore (1560[1][2]), poi referendario (1565[1][2]) e infine prefetto del tribunale precursore di quella che dal 1608 è la Segnatura Apostolica[1]. Nel 1566 divenne abate commendatario dell'abbazia di Nonantola.[1][2] Il 17 ottobre 1572 fu nominato vescovo di Vercelli da papa Gregorio XIII; contestualmente, l'abbazia di Nonantola venne affidata al cardinal Guido Ferrero, che fino ad allora guidava la diocesi vercellese.[2] La consacrazione vescovile si tenne il 1º febbraio 1573, per mano dell'amico[3] Carlo Borromeo. Leitmotiv dell'episcopato del Bonomi fu l'impegno nella promozione dell'applicazione delle disposizioni del Concilio di Trento, sia all'interno sia - soprattutto - all'esterno della diocesi vercellese.[2] Da vescovo, mons. Bonomi introdusse il rito romano nella diocesi di Vercelli - non senza polemiche da parte del Capitolo della cattedrale - soppiantando quasi del tutto quel rito eusebiano che era già stato messo sotto attacco dal cardinal Ferrero.[2] Nella stessa diocesi, indisse undici sinodi, potenziò il seminario, e favorì l'insediamento di comunità di barnabiti e gesuiti.[2] Inoltre, portò a termine una campagna di ristrutturazione del duomo che era stata avviata dal proprio predecessore, e istituì un Monte di pietà.[2] Durante la Controriforma, Bonomi mantenne contatti con il cattolico Melchiorre Lussi, landamano del comune svizzero di Stans che lo stesso Bonomi aveva conosciuto a Roma[2]. Assieme al Borromeo, mons. Bonomi visitò le porzioni di Canton Ticino (1567) e Svizzera tedesca (1570) che ricadevano sotto la giurisdizione dell'arcidiocesi di Milano[1][2]. Su desiderio del Borromeo, nel 1578 Bonomi venne inviato da Gregorio XIII come visitatore apostolico nella diocesi di Como: visitò la Valtellina (allora politicamente appartenente ai Grigioni) e nuovamente il Canton Ticino.[1][2] Per entrare in Valtellina - che il governo grigionese aveva reso inaccessibile al vescovo di Como Giovanni Antonio Volpe in quanto quest'ultimo era nunzio apostolico in Svizzera - il Bonomi utilizzò la scusa di doversi recare alle terme di Bormio[4]. Appoggiato dal Borromeo e da quasi tutti i cantoni della Svizzera centrale,[1] dal 1579 al 1581 fu nunzio apostolico con diritti particolari nelle diocesi svizzere di Costanza, Basilea, Coira, Losanna e Sion,[1] dove visitò numerose parrocchie e monasteri.[2] Tra le varie iniziative, attuò la fondazione del Collegio dei gesuiti[2] di San Michele[1] a Friborgo[2], dove proprio grazie all'impegno del Bonomi giunse Pietro Canisio[1]. Nel 1580, con l'appoggio di Guglielmo V di Baviera, fece dimettere da vescovo di Coira Beatus di Porta,[1] reo di aver abbandonato la propria diocesi e accusato di malgoverno.[2] Nell'anno seguente, dopo esser ritornato temporaneamente a Vercelli con tappa a Milano, prese parte all'elezione del nuovo vescovo di Coira,[2] Peter von Rascher[1]. L'ingerenza nella questione curiense, sommata a rapporti tesi con alcune autorità civili e a prese di posizione piuttosto decise nei confronti dei privilegi di alcuni conventi, comportarono malumori tali da far decidere a Gregorio XIII uno spostamento del Bonomi.[2] Dal 1581 al 1584 Bonomi fu così nunzio apostolico in Austria, presso la corte imperiale di Vienna.[1][2] Dopo aver girato l'Ungheria, la zona di Vienna e l'arcidiocesi di Praga, nel 1582 partecipò alla dieta di Augusta, a seguito della quale il Bonomi fu mandato a Colonia per avviare un processo contro l'arcivescovo Gebhard Truchsess von Waldburg, che l'anno successivo venne sostituito da Ernesto di Baviera.[2] Nel 1584, durante una visita pastorale della Moravia e la Boemia, Bonomi fu raggiunto dalla notizia di un nuovo incarico nei suoi confronti da parte di Gregorio XIII, intenzionato a rendere permanente la nunziatura apostolica a Colonia.[2] Fu così che, dal 1584 al 1587, Bonomi fu formalmente il primo nunzio apostolico permanente a Colonia,[1][2] anche se di fatto continuò a spostarsi tra la Renania e i Paesi Bassi spagnoli per imporre l'applicazione delle decisioni del Concilio di Trento, tenendo in prima persona sinodi a Liegi e a Mons. Nel 1587, il Bonomi donò a Philippe de Sivry (governatore della città di Mons) alcuni tubercoli di pianta[5] che lo stesso vescovo aveva battezzato come «Taratouffli»[6][N 1]. Quando poi gli stessi tubercoli figliarono e diedero frutto, il 24 gennaio 1588 lo stesso de Sivry ne diede una parte a Charles de l'Écluse[7], (detto Clusius), che nella sua opera Rariorum plantarum historia li descrisse come Papas peruanorum[8]: si trattava della patata, che lo stesso Clusius contribuì in seguito a diffondere in tutta Europa[9][10]. Dopo la morte del Bonomi, avvenuta a Liegi nel 1587,[3] le sue spoglie furono trasferite a Vercelli, dove vennero tumulate nella cripta della Cattedrale di Sant'Eusebio.[2] NoteEsplicative
Bibliografiche
Bibliografia
Collegamenti esterni
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