Grigorij Grigorjevič Neljubov
Grigorij Grigorjevič Neljubov (Григорий Григорьевич Нелюбов; Porfirjevka, 31 marzo 1934 – Vladivostok, 18 febbraio 1966) è stato un cosmonauta sovietico. Fu uno dei venti cosmonauti facenti parte di quello che fu presentato come il primo gruppo cosmonauti della storia dell'Unione Sovietica. Nella sua carriera di cosmonauta non volò mai ma arrivò ad essere la seconda riserva di Jurij Gagarin, nel suo volo sulla Vostok 1, e la prima (secondo alcuni seconda) riserva di Titov, nel volo sulla Vostok 2; nel 1963, quando sembrava ormai arrivato il suo turno, fu cacciato dal programma spaziale sovietico per insubordinazione. Caduto in depressione, morì, suicidandosi, nel 1966. Biografia e carrieraNato nella cittadina di Porfirjevka, in Crimea, Neljubov si era arruolato nell'aviazione militare sovietica e aveva frequentato la scuola superiore di aviazione militare di Ejsk, per poi divenire un tenente pilota di MiG 19 quando, nel 1960, fu scelto per partecipare al programma Vostok, il primo programma spaziale della storia sovietica. Come gli altri candidati cosmonauti, anche Neljubov fu scelto da una commissione guidata dal maggiore generale Borodin del servizio medico dell'esercito sovietico, la quale aveva come ordine quello di selezionare piloti con un'età compresa tra 25 e 30 anni, con un peso inferiore ai 70 kg e un'altezza inferiore ai 170 cm. Il 7 marzo 1960, dopo essere risultato idoneo ai requisiti fisici e politici (ogni candidato doveva avere un passato indiscutibile, ossia una biografia tale da non poter in alcun modo essere fonte di scandalo) e dopo aver superato diversi test fisici e psicologici in un centro di Mosca, Neljubov fu quindi scelto tra più di tremila piloti vagliati, come uno dei venti uomini facenti parte del primo gruppo cosmonauti della storia sovietica, che fu presentato al pubblico all'inizio del 1960. Forse deluso per non essere ancora riuscito a pilotare una Vostok nello spazio, Neljubov iniziò a mostrare segni di insofferenza e, la sera del 27 marzo 1963, fu arrestato assieme a Ivan Anikejev e Valentin Filatjev, anche loro tra i primi venti selezionati. Stando ai resoconti della faccenda, dati anche da Titov in un'intervista, dopo essere usciti dalla base in uniforme, cosa già di per sé contraria alle regole, i tre si erano ubriacati presso un locale vicino dove avevano iniziato a disturbare altri avventori, facendo sì che il gestore del locale chiamasse la polizia. Temendo di essere arrestati i tre si erano dati alla fuga ma erano stati intercettati da una pattuglia di sicurezza militare che, vedendoli in uniforme, aveva chiesto loro i documenti per identificarli. Essendo anche sprovvisti di documenti, quando la pattuglia decise di portarli in centrale, i tre avevano tentato la fuga arrivando ad aggredire i poliziotti, i quali alla fine li avevano arrestati e condotti dal comandante della base. Quest'ultimo acconsentì a ignorare l'intera faccenda e a non inoltrare i verbali ai piani superiori se i tre cosmonauti si fossero scusati.[4][1] Anikejev e Filatjev si scusarono ma Neljubov fu irremovibile e così la notizia dell'incidente arrivò ai responsabili del programma spaziale. Dato che quello non era il primo incidente di cui i tre si fossero resi protagonisti, il 17 aprile 1963 furono tutti quanti congedati dal programma spaziale, con un provvedimento che divenne ufficiale il 4 maggio 1963. Pavel Popovič, responsabile dell'organizzazione del gruppo, provò a risolvere la situazione convocando una riunione e invitando nuovamente Neljubov a fare le proprie scuse al comandante e agli altri cosmonauti ma Neljubov rifiutò nuovamente. Dato che non ci fu più niente da fare, tutti e tre i cosmonauti furono quindi espulsi dal programma senza aver mai completato una missione spaziale.[5] A seguito dell'espulsione Neljubov tornò al servizio attivo nell'aviazione, presso un reparto di caccia intercettori stanziato nell'Estremo Oriente Sovietico, vicino a Vladivostok. Qui, l'uomo cadde in depressione e divenne sempre più dipendente dall'alcol, anche perché ogni suo tentativo di recuperare la sua carriera di cosmonauta (cercando ad esempio colloqui con Kamanin, direttore dell'addestramento dei cosmonauti, e con Korolëv, direttore del programma spaziale) fallì. L'ultimo tentativo di parlare con Korolëv fu fatto da Neljubov alla fine del 1965 ma Korolëv rispose di non avere tempo e in seguito, nel gennaio 1966, morì. Forse ormai rassegnato, all'alba del 18 febbraio 1966, Neljubov si fermò in mezzo ai binari della stazione di Ippolitovka, a nord-ovest di Vladivostok, e fu investito da un treno. Le indagini successive stabilirono che Neljubov era ubriaco e classificarono il fatto come suicidio. In un documentario girato dalla stazione della Roscosmos e intitolato "Avrebbe potuto essere il primo. Il dramma del cosmonauta Neljubov" (in russo Он мог быть первым. Драма космонавта Нелюбова?) la vedova del cosmonauta, Zinaida, ha dichiarato che il marito è morto volontariamente, mostrando anche una breve nota lasciata da quest'ultimo l'ultimo giorno della sua vita e che appare in tutto e per tutto un addio.[6] Damnatio memoriaeAl fine di proteggere l'immagine del programma spaziale sovietico, per Neljubov, Anikejev e Filatjev fu istituita una vera e propria damnatio memoriae. Per Neljubov in particolare, essendo egli uno dei sei prescelti, il trattamento fu particolarmente rigido. Infatti, non solo furono fatti tutti gli sforzi per coprire i motivi della sua espulsione, ma anche per non far trapelare la notizia del suo suicidio. Anche a causa di questa cancellazione, nacquero diverse teorie del complotto sulla sorte di Neljubov, che fu annoverato tra i cosiddetti "Cosmonauti perduti".[1][7] OnorificenzeNote
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