Interplanetary Monitoring Platform G
L'Interplanetary Monitoring Platform G, a volte citato anche come Explorer 41 o con l'acronimo IMP G o IMP 5, è stato un satellite artificiale NASA lanciato nel giugno 1969. È stato il settimo satellite del programma Interplanetary Monitoring Platform, iniziato nel 1963 ed avente lo scopo di ricavare informazioni sul plasma e il campo magnetico interplanetari, ma è comunque spesso indicato come "IMP 5" essendo i precedenti satelliti Interplanetary Monitoring Platform D ed E, spesso considerati parte del sottoprogramma "Anchored IMP" (IMP D ed E sono infatti noti anche come AIMP 1 e 2).[2] Il satellite del programma IMP che precedette il lancio dell'IMP G fu l'IMP E, lanciato nel luglio 1967, tuttavia la struttura dell'IMP G fece uso del design del satellite Interplanetary Monitoring Platform F che, nonostante il nome faccia supporre il contrario, fu lanciato nel maggio 1967, tre mesi prima dell'IMP E. Struttura e funzionamentoLo scopo principale dell'IMP G era quello di portare avanti gli studi effettuati dai suoi predecessori effettuando misurazioni più dettagliate e precise nello spazio cislunare. A differenza dei primi satelliti del programma IMP, però, l'IMP G, così come anche l'IMP F prima di lui, fu lanciato quando ci si attendeva che l'attività solare avrebbe raggiunto il suo picco. Dati anche i miglioramenti introdotti grazie alle esperienze dei satelliti precedenti, il tempo di vita utile degli IMP F e G fu esteso da uno a due anni. Come già i satelliti precedenti, rispetto a cui ci fu comunque un notevole aumento della complessità della struttura, del sistema elettrico e degli strumenti scientifici, anche l'IMP G aveva una struttura principale ottagonale in alluminio, a cui erano agganciati quattro bracci, posti a 90° l'uno dall'altro, con all'estremità i pannelli solari utili a ricaricare la batteria, nonché il tubo di spinta del motore. Dalla struttura, larga 71 cm e alta 28,6 cm, partivano anche i due bracci in fibra di vetro lunghi 1,83 m e orientati in direzione opposta che avevano alle loro estremità uno un magnetometro e l'altro una semplice zavorra a fare da bilanciamento (nell'IMP F era invece presente un magnetometro all'estremità di ogni braccio). Il Platform G recava con sé 12 esperimenti (uno in più dell'IMP F) dedicati all'analisi delle particelle costituenti i raggi cosmici, il vento solare e presenti nella magnetosfera, per cui utilizzava, tra le altre cose, delle sonde di Langmuir, nonché all'analisi del campo magnetico interplanetario, per cui utilizzava un magnetometro fluxgate.[1][3] Una volta messo in orbita il satellite era stabilizzato utilizzando la tecnica di stabilizzazione di spin,[4] una tecnica di stabilizzazione passiva nella quale l'intero veicolo ruota su se stesso in modo che il suo vettore di momento angolare rimanga pressoché fissato nello spazio inerziale.[5] Il movimento di rotazione è stabile se il satellite gira attorno all'asse che ha momento d'inerzia massimo.[5] Nel caso dell'IMP G, la velocità di rotazione era inizialmente di 27,5 giri al minuto (rpm) ma, a causa della pressione della radiazione solare si rilevarono diverse variazioni in essa. L'asse di spin, invece, era stato posto perpendicolare al piano dell'eclittica.[1][6] Lancio e operativitàL'Interplanetary Monitoring Platform G venne lanciato il 21 giugno 1969 per mezzo di un razzo Delta E dal complesso di lancio 2 della base aerea Vanderberg, in California. Dopo essersi stabilito in orbita, nonostante alcuni piccoli malfunzionamenti verificatisi subito dopo la partenza, come il malfunzionamento del "Plasma Experiment"[1] realizzato dall'Università del Maryland, il satellite iniziò ad inviare dati a terra con regolarità eccezion fatta per un intervallo di tempo compreso tra il 15 novembre 1971 e il 1º febbraio 1972, quando l'acquisizione dei dati fu limitata dalla vicinanza del foglio neutro della magnetosfera. Tra i dati raccolti, di particolare importanza furono quelli relativi alla più grande tempesta solare mai registrata al 2021, ossia quella avvenuta nell'agosto del 1972.[7] Nel tempo, vari esperimenti dell'Interplanetary Monitoring Platform G smisero di funzionare (ad esempio, il 10 agosto 1969 l'analizzatore protonico sviluppato dall'Università dell'Iowa cessò improvvisamente le operazioni) ma 9 di essi, sui 12 totali, continuarono a raccogliere e inviare dati fino a poco prima del rientro atmosferico del satellite, avvenuto il 23 dicembre 1972.[6] Note
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