Mimica faccialeLa mimica facciale è una parte della cinesica che riguarda il modo in cui si altera il volto delle persone. Gli esseri umani lasciano trasparire anche in questo modo il loro pensiero e le loro emozioni, in quanto la mimica facciale è difficile da controllare spontaneamente[1]. La mimica facciale è importante sia a livello personale sia a livello sociale in quanto il cervello ha aree deputate all'immediata interpretazione emotiva dei visi; ad esempio, nel caso della paura, essa permette di avvisare di un pericolo i membri di una stessa specie, insieme ai richiami, ai gesti e agli avvisi. Storia della ricerca scientificaUn primo testo scientifico sulle espressioni emozionali del volto è il libro del neurologo francese Guillaume-Benjamin-Amand Duchenne de Boulogne, Mécanisme de la physionomie humaine, ou Analyse électro-physiologique de l'expression des passions applicable à la pratique des arts plastiques scritto nel 1862. Egli utilizza il metodo di applicare stimoli elettrici alla muscolatura del volto per verificarne il movimento muscolare e così le varie espressioni emozionali del volto. Ancora oggi, in onore dello studioso francese, il sorriso emozionale, cioè autentico, nel campo della mimica facciale viene definito come sorriso Duchenne Universalità della mimica faccialeIl tema dell'universalità della mimica facciale è stato da sempre fonte di discussione. Darwin sosteneva che la mimica delle espressioni non fosse acquisita tramite la cultura del proprio popolo, ma che valesse per tutti i popoli del mondo. Molti studiosi si opposero radicalmente a questa tesi, ma di recente la ricerca scientifica ha verificato che in effetti la tesi era in parte corretta, ovvero la mimica facciale di alcune emozioni (felicità, rabbia, tristezza, sorpresa, disgusto, paura) è effettivamente universale, anche se cambiano le situazioni nelle quali le emozioni si manifestano. A tal proposito sono stati fatti, dallo psicologo Paul Ekman, tre esperimenti[2]:
Nel primo esperimento, sono stati presentati dei filmati a studenti universitari degli Stati Uniti e del Giappone. In una prima fase dell'esperimento, i filmati sono stati visti in solitario, mentre in una seconda fase sono stati visti con la presenza di un assistente, per verificare se gli studenti reagissero differentemente con la vicinanza di una persona estranea. Ne è risultato che quando il filmato è stato visto in solitario, la mimica usata dagli studenti degli Stati Uniti e da quelli del Giappone era identica; le cose però sono cambiate nella seconda fase dell'esperimento, poiché gli studenti del Giappone in presenza di un assistente hanno occultato la loro mimica facciale, cercando di nascondere le loro sensazioni e le loro espressioni. Da questo Ekman deduce che ciò che c'è di universale nelle espressioni è il modo in cui vengono usate nei volti, e non in quali situazioni se ne faccia uso (uso involontario). Il secondo esperimento consisteva nel mostrare (in cinque diversi Paesi) fotografie di volti che rappresentavano le sei emozioni primarie, e nell'associare a ogni fotografia un'emozione primaria. I risultati hanno confermato la tesi dell'universalità di Darwin, poiché gli osservatori di diversi paesi riconoscevano nelle fotografie le stesse emozioni primarie. Tuttavia gli osservatori analizzati avevano delle esperienze visive in comune, quelle derivanti dai mass media. In altre parole, gli osservatori potevano avere diverse espressioni per esprimere, ad esempio, la rabbia, ma aver visto la rabbia in televisione poteva far riconoscere loro l'espressione. Questo ragionamento portò Ekman a un terzo esperimento, nel quale decise di analizzare popoli che non avevano avuto contatti con i mass media e che avevano avuto scarsissimi contatti col mondo esterno; trovò questi popoli negli altopiani orientali della Nuova Guinea. Durante il terzo esperimento, poiché questi popoli non erano abituati a test psicologici, si è proceduto in maniera differente rispetto agli altri esperimenti: infatti nei precedenti esperimenti sono state mostrate fotografie e a esse si è chiesto di associare parole di un'espressione. Nell'esperimento in Nuova Guinea, invece, sono state raccontate delle storielle, ad esempio "tuo figlio è morto" e a ogni storiella i soggetti indicavano una delle espressioni mostrate in fotografia. Le espressioni delle emozioni sono state riconosciute quasi del tutto, con l'eccezione della paura e dello stupore. Questo però dimostra l'universalità della mimica facciale, poiché il non riconoscere la paura e lo stupore era dovuto al fatto che le culture reagiscono in modo diverso alle stesse situazioni. In altre parole ciò che può far spaventare una cultura potrebbe non spaventare un'altra. La mimica facciale nelle emozioniLa mimica facciale viene studiata in relazione alle sei emozioni primarie (sorpresa, paura, disgusto, rabbia, felicità, tristezza; così etichettate da Ekman), ovvero quelle emozioni da cui poi derivano le emozioni secondarie. Esse a volte presentano dei tratti in comune nella mimica facciale, altre volte invece sono completamente diverse.[3] La mimica nella sorpresaLa sorpresa[4] è l'emozione più breve ed è un'emozione la cui mimica facciale si manifesta improvvisamente nel volto. Nella mimica della sorpresa sono coinvolte tutte le parti in cui viene suddiviso il volto: le sopracciglia, la fronte, gli occhi e la bocca.
L'intensità della sorpresaLa sorpresa varia di intensità, da lieve a estrema: Quando la sorpresa è portata all'estremo si ha un tipo particolare di sorpresa chiamata reazione di trasalimento (startle reaction), con una mimica facciale diversa da quella che normalmente si ha in un'emozione di sorpresa: le palpebre sbattono, la testa indietreggia, le labbra si ritirano e c'è un movimento di sobbalzo. Nel caso di un cambio d'intensità dell'espressione di sorpresa, nonostante ci siano dei piccoli cambiamenti a livello delle sopracciglia e degli occhi. La parte inferiore del viso rivela quanto è intensa l'espressione. In caso di grande sorpresa si ha la massima apertura della bocca, di solito accompagnata da un'esclamazione. La mimica nella felicitàLa felicità[5] è l'emozione più desiderata, infatti le persone organizzano la propria vita in modo da avere più occasioni per essere felici. Esistono quattro tipi di felicità che si possono manifestare nel volto:
La mimica di felicità si deve analizzare solamente in assenza di riso, perché quando è presente il riso è ovvio che il volto presenta un'espressione felice. L'espressione della felicità è caratterizzata da segni nella parte inferiore del viso e delle palpebre, mentre l'area della fronte e delle sopracciglia non interviene necessariamente.
Nell'ultima forma di sorriso possono scoprirsi i denti superiori o i denti superiori e inferiori. Nell'espressione di felicità possono essere presenti due rughe che partono dal naso e arrivano agli angoli della bocca facendoli stirare: lo stiramento degli angoli della bocca è un segno dell'espressione di felicità. Si può anche sollevare la pelle sotto la palpebra inferiore, formando nell'occhio le "zampe di gallina". Nel sorriso a bocca aperta ci può essere un grande sollevamento delle guance, tanto da restringere gli occhi. L'intensità della felicitàL'intensità della felicità va dall'essere lievemente soddisfatti all'essere pieni di gioia. La manifestazione di quest'emozione può essere silenziosa o rumorosa; un lieve sorriso sarà silenzioso mentre una grossa risata a bocca aperta sarà rumorosa. Ma l'intensità del sorriso non stabilisce quanto sia intensa la nostra felicità; si può essere estremamente felici e non sorridere affatto. Il sorriso, che fa parte della mimica di felicità, può essere usato anche al di fuori di quest'emozione, per nascondere altre emozioni, o per attenuare un'emozione. Il sorriso serve anche per ridurre la tensione. Se si sorride, molto probabilmente il sorriso verrà ricambiato. L'intensità della felicità dipende dalla posizione delle labbra: tanto più le labbra sono incurvate e aperte, tanto più si è felici. Il sorriso può anche essere molto meno marcato, quando è formato dalla lieve tensione e sollevamento degli angoli delle labbra, con le guance appena sollevate e il resto del viso neutro. Quando il sorriso è appena accennato non ci sono cambiamenti visibili nella palpebra inferiore. La mimica nella pauraQuando si prova paura[6] si teme di subire un danno, sia fisico sia psicologico. La mimica della paura comprende le tre zone del viso, come nel caso della sorpresa: le sopracciglia si sollevano e si avvicinano, gli occhi sono ben aperti con la palpebra inferiore tesa e le labbra si stirano all'indietro. L'intensità della pauraL'intensità della paura varia da una leggera inquietudine al terrore, e la variazione si può riscontrare nella mimica facciale; in particolare l'intensità viene notata negli occhi, e ancora di più nella bocca: negli occhi man mano che l'intensità aumenta si avranno le palpebre superiori sempre più sollevate e le palpebre inferiori sempre più tese; nella bocca si stirano sempre di più le labbra e l'apertura è maggiore. Non è detto che la paura si manifesti in tutte e tre le zone del viso: potrebbe manifestarsi in due zone, facendo rimanere la terza neutra. In questi casi si potranno avere le espressioni di apprensione e orrore. L'apprensione si verifica quando la parte inferiore del viso resta neutra, mentre l'orrore quando sono le sopracciglia a rimanere neutre. La mimica nel disgustoIl disgusto[7] è un'emozione che indica un sentimento di repulsione.
La versione unilaterale si realizza con le labbra lievemente serrate e un angolo della bocca sollevato. La versione dello scherno si realizza come la versione unilaterale, solo che in più è presente un accenno di sogghigno. La versione attenuata si realizza con un lato del labbro superiore appena sollevato, quasi impercettibile. L'intensità del disgustoLa variazione di intensità nel disgusto si realizza così: se si tratta di un disgusto lieve, il naso sarà meno arricciato e il labbro superiore meno sollevato; nel caso di disgusto estremo il naso sarà il più arricciato possibile e il labbro superiore più sollevato; può capitare anche che nel caso di disgusto estremo la lingua si porti in avanti talmente tanto da fuoriuscire dalla bocca. La mimica della rabbiaLa rabbia[8] è l'emozione che ci fa provare sdegno o odio verso gli altri.
Ci sono due tipi di bocca nell'espressione di rabbia:
Normalmente quest'ultimo aspetto della bocca si presenta insieme all'espressione irata della bocca e delle sopracciglia, ma si può presentare anche da solo; anche in questo caso il messaggio è ambiguo. Una bocca serrata può indicare controllare rabbia, oppure lieve irritazione, o anche uno sforzo fisico.
L'intensità della rabbiaL'intensità della rabbia può andare da una lieve irritazione al furore. Si può anche arrivare piano piano al furore, oppure esplodere di colpo. Dipende dalle persone quanto tempo ci vuole per far sbollire la rabbia: ad alcune passa immediatamente mentre ad altri impiegano ore, continuando a provare strascichi di collera. L'intensità della rabbia può manifestarsi nella tensione delle palpebre o nella sporgenza dell'occhio, oppure da quanto sono serrate le labbra; alle volte le labbra possono essere così serrate da provocare un rigonfiamento del mento. Nell'espressione di rabbia a bocca aperta la maggiore o minore apertura della bocca dipende dall'intensità. La mimica della tristezzaLa tristezza[9] è un sentimento di sofferenza. L'intensità della tristezzaLa tristezza varia d'intensità, da lievi sentimenti di malinconia all'estremo dolore del lutto. A livello estremo può non avere alcun segno evidente dell'espressione, a parte la perdita del tono facciale. Nella tristezza meno profonda e nel passaggio dal dolore acuto alla tristezza vera e propria sono presenti invece dei segni: gli angoli interni delle sopracciglia sono sollevati e ravvicinati, l'angolo interno della palpebra superiore è sollevato e può esserlo anche la palpebra inferiore; gli angoli della bocca sono piegati verso il basso e c'è un tremitio delle labbra. Un'intensità minore sarà rappresentata dal minore coinvolgimento delle aree facciali. A un certo livello compariranno nell'emozione il pianto e il tremito delle labbra, oppure un viso completamente inespressivo visto che si ha la perdita di tono muscolare del volto. Le possibili mescolanze con la tristezzaLa tristezza si può mescolare a diverse emozioni: la mescolanza di tristezza e paura si manifesta con le sopracciglia e le palpebre della tristezza e la bocca della paura. Un'espressione del genere si manifesterà quando dopo un evento triste si viene a sapere di un nuovo possibile pericolo. La mescolanza di tristezza e rabbia si manifesta con la bocca della tristezza e le sopracciglia, la fronte e gli occhi della rabbia. Un'altra combinazione potrebbe essere quella di tristezza e disgusto, usata ad esempio nella visione di un campo di battaglia, dove si combinano disgusto per la carneficina e tristezza per la perdita di vite umane. Essa si presenta con la fronte, le sopracciglia e le palpebre superiori della tristezza, e le palpebre inferiori e la bocca del disgusto. Infine, la tristezza si può combinare con la felicità, per esempio in espressioni di nostalgia per ricordi ormai passati. L'espressione di nostalgia si presenta con la fronte e le sopracciglia della tristezza, e la bocca dell'espressione della felicità. Fingere con la mimica faccialeIl fingere con le espressioni, ovvero il mascherare le emozioni che si provano in un determinato momento, è qualcosa che si acquisisce fin da bambini. Infatti ai bambini si insegna, oltre a quello che non si deve dire, anche quali facce non fare. Se a un bambino si chiede di sorridere a un signore gentile, non si richiede soltanto l'inibizione dell'emozione, ma anche di assumere espressioni false. Tuttavia non è affatto semplice fingere con la mimica facciale; questo perché siamo più abituati a mentire con le parole che con il volto. Le ragioni di questo possono essere varie; in primo luogo la società dà più importanza alle parole che ai segni del volto, perché è molto più difficile individuare un'espressione nel volto che ascoltare il tono delle parole per capire se ciò che ci è stato detto è effettivamente vero. In secondo luogo è più facile falsificare le parole rispetto ai segni del volto. Ne consegue che si può scrivere ciò che si intende dire, riformulare le parole, quindi mentire a proprio piacimento. Questo non è possibile invece nel caso delle espressioni, poiché sono involontarie, a differenza delle parole.
Perché fingere?Ci sono essenzialmente quattro ragioni che spingono la persona a fingere e sono collegate tutte con le regole di esibizione, ovvero la necessità di controllare la mimica facciale in particolari situazioni. Le regole sono le seguenti:
Le regole culturali di esibizione si applicano quando la persona si trova in una determinata situazione sociale, ad esempio un matrimonio o un funerale. Nel caso del matrimonio la sposa e i suoi genitori sono autorizzati a piangere, mentre lo sposo no. L'uomo in società non deve piangere secondo le regole di esibizione culturali, può essere solamente triste, anche se non nel giorno del suo matrimonio. Nel caso del funerale invece chi aveva un rapporto più stretto col defunto è autorizzato a disperarsi, mentre se un lontano parente lo facesse più dei parenti più stretti la cosa non sarebbe socialmente accettabile. Le regole di esibizione personale sono state impresse nell'educazione delle persone e si tratta di regole soggettive; il non rispondere a un superiore è un esempio di regola di esibizione personale. Le regole di esibizione professionali si usano per esigenza professionale: un attore deve essere in grado di controllare la propria mimica facciale, insieme con avvocati, diplomatici, venditori e anche insegnanti. Le ultime regole di esibizione da analizzare sono quelle dettate da un particolare momento per esigenza personale: una persona che è stata appena arrestata e che si dichiara innocente cerca di controllare la propria mimica facciale per far credere alla sua innocenza; quest'ultima regola è naturalmente la più mal vista poiché la finzione è dettata da esigenza personale. Come fingere?Esistono tre tecniche per controllare la mimica facciale: la specificazione, la modulazione e la falsificazione. La specificazione (o rettifica) si esegue quando a un tipo di mimica facciale ne segue immediatamente un'altra, sia per motivi di regole di esibizione culturali o come espressione autentica di una seconda emozione. Se un individuo è spaventato e presenta le espressioni facciali della paura, può far seguire a essa un sorriso, per indicare di avere la paura sotto controllo. Lo stesso accade per l'espressione della rabbia; se ad esempio una persona è infuriata con un'altra, può far capire che nonostante sia infuriato con essa, tiene la rabbia sotto controllo. Anche nella tristezza si ha la stessa situazione: un sorriso dopo un'espressione triste indica che piano piano l'individuo si sta riprendendo, oppure vuole compiacere gli altri. La specificazione più usata è il sorriso, aggiunto come commento a un'espressione negativa.
Infine la falsificazione; esistono tre tipi di falsificazione:
Nel caso della simulazione l'individuo che non prova emozioni cerca di simularne una per via delle regole di esibizione sociali. La neutralizzazione è il caso opposto alla simulazione, infatti si cerca di sembrare indifferenti quando si prova un'emozione che non vogliamo mostrare agli altri: si tratta di una riduzione di intensità spinta all'estremo. Nel caso del mascheramento, invece, viene simulata un'emozione inesistente per coprire l'emozione autentica; viene preferito alla neutralizzazione perché è molto più semplice cercare di nascondere un'emozione sostituendola a un'altra piuttosto che neutralizzarla del tutto. Come individuare chi finge?Esistono quattro parametri per individuare un tentativo di mascheramento o di falsificazione delle emozioni: morfologia, tempi, collocazione e microespressioni. MorfologiaPer morfologia si intende la particolare configurazione del viso quando si manifestano nel volto le emozioni primarie. Quando una persona cerca di controllare la propria mimica cerca di controllare più la bocca che gli occhi o la fronte. Questo può dipendere da due motivi:
Alcuni segni del viso che costituiscono le espressioni emotive vengono usati come emblemi: gli emblemi sono dei segni che, appena vengono avvistati nel volto di una persona, si riconoscono non come parti di un'espressione ma come segni convenzionali. Se una determinata parte della mimica facciale funge anche da emblema, allora diventa difficile capire se si tratti di un'emozione autentica o di simulazione. Normalmente la morfologia si presenta così nelle emozioni primarie:
TempiIl controllo esercitato dalla mimica facciale può essere notato anche considerando il tempo di avvio, durata e scomparsa di un'emozione. Non si può indicare per una determinata emozione un tempo preciso: il tempo di una qualsiasi emozione deriva dal contesto in cui viene mostrata, ma i tempi ottenuti considerando le singole situazioni sono molto precisi. Ad esempio, tutti possono fingere divertimento, ma fingere divertimento in continuazione potrebbe svelare che in realtà non ci si diverte affatto. CollocazioneLa collocazione è strettamente legata ai tempi di un'espressione. Per collocazione si intende il preciso momento in cui viene realizzata l'espressione nel volto rispetto alle parole o ai movimenti del corpo. In altre parole, se ad esempio per indicare collera si dice "Mi hai scocciato" e si mostra un'espressione di rabbia qualche secondo dopo, è chiaro che l'espressione non risulta credibile; se invece è mostrata prima di pronunciare le parole dette in precedenza risulta credibile perché si dà l'impressione che l'emozione preceda l'espressione. Per quanto riguarda i movimenti corporei ci vuole ancora più precisione: Se dopo aver detto "Mi hai scocciato" dopo cinque secondi si sbatte il pugno sul tavolo, l'espressione è totalmente non credibile. MicroespressioniLe microespressioni[10] si producono quando si attenua o si cerca di nascondere un'emozione. Sono tipicamente incastonate dal movimento e normalmente seguono i tentativi di mascheramento dell'emozione. La maggior parte delle persone non le vede nemmeno, in quanto si realizzano in 1/25 di secondo; solo un occhio ben allenato è in grado di vederle; tuttavia anche se si è in grado di vederle questo non vuol dire che si sia in grado di riconoscere l'emozione a cui si riferiscono. Note
Bibliografia
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