Nata in Iran nel 1957, Neshat si trasferì negli Stati Uniti per frequentare l'università.[3] Dopo essere tornata in madrepatria nel 1990, l'artista rimase colpita dai cambiamenti causati dalla rivoluzione (1978-9), a seguito della quale furono emanate delle leggi restrittive secondo le quali le donne potevano tenere scoperti solo il volto e le mani.[3] Neshat scelse quindi di diventare un'artista per documentare la realtà e criticare le nuove regole imposte alle donne, da lei considerate ingiuste.[3]
Vive attualmente tra il suo paese di origine e New York.[7]
Stile e tecnica
Attraverso il suo lavoro Shirin Neshat analizza le difficili condizioni sociali all'interno della cultura islamica, con particolare attenzione al ruolo della donna, rivolgendosi al significato sociale, politico e psicologico dell'essere donna nelle società islamiche contemporanee.[8][9]
Anche se Neshat attivamente resiste alle rappresentazioni stereotipate dell'Islam, i suoi obiettivi artistici non sono esplicitamente polemici. Piuttosto, il suo lavoro riconosce le forze intellettuali e religiose complesse che modellano l'identità delle donne musulmane nel mondo intero. Come fotografa e video-artista, Shirin Neshat è famosa per i suoi ritratti di corpi di donne interamente ricoperti da scritte in calligrafia araba.[2]
Ha inoltre diretto parecchi video, tra cui Anchorage (1996), proiettato su due pareti opposte: Shadow under the Web (1997), Turbulent (1998) prodotto da Noire Gallery, Rapture (1999) e Soliloquy (1999).
Nelle sue fotografie e nei suoi video mostra attraverso immagini piene di tensione dei corpi velati, dei martiri (uomini o donne), persone sottomesse, che ogni giorno devono fare i conti con la violenza ed il terrorismo.[10]
Mostre Personali
Graziano Menolascina (a cura di), Dreamers trilogy: llusions & Mirrors, Sarah, Roja, PRAC Centro Per l'Arte Contemporanea, Ponzano Romano (RM), 2021 [11]
Note
^(EN) Suzie Mackenzie, An unveiling, in The Guardian, 22 luglio 2000. URL consultato il 30 maggio 2014.
^(EN) Games of Desire, su gladstonegallery.com, Gladstone Gallery, dal 3 settembre al 3 ottobre 2009. URL consultato il 15 marzo 2010.
^ Gian Paolo Galasi, Shirin Neshat – Women Without Men, su Culturame.it, 12 febbraio 2011. URL consultato il 12 febbraio 2011 (archiviato dall'url originale il 27 giugno 2019).
Marco Bona Castellotti, Percorsi di storia dell'arte, vol. 3, 1ª ed., Torino, Einaudi, 2004, ISBN978-88-286-0673-4.
Giovanna Mencarelli, Neshat, Shirin, in Enciclopedia Italiana, VII appendice, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2007. URL consultato il 30 maggio 2014.