Steve McCurry è nato il 23 aprile 1950 in un piccolo sobborgo di Filadelfia in Pennsylvania. Ha frequentato la High School Marple Newtown nella Contea di Delaware e si è poi iscritto presso la Penn State University per studiare fotografia e cinema, ma poi ottenne una laurea in teatro nel 1974. Si interessò molto alla fotografia quando iniziò a fotografare per il quotidiano della Penn State: The Daily Collegian.[5]
Dopo aver lavorato al Today's Post presso il King of Prussia per due anni, partì per l'India come fotografo freelance. È stato proprio in India che McCurry ha imparato a guardare ed aspettare la vita. "Se sai aspettare", disse, "le persone si dimenticano della tua macchina fotografica e la loro anima esce allo scoperto".
Carriera
La sua carriera è stata lanciata quando, travestito con abiti tradizionali, ha attraversato il confine tra il Pakistan e l'Afghanistan, controllato dai ribelli poco prima dell'invasione sovietica. Quando tornò indietro, portò con sé rotoli di pellicola cuciti tra i vestiti. Quelle immagini, che sono state pubblicate in tutto il mondo, sono state tra le prime a mostrare il conflitto al mondo intero. Il suo servizio ha vinto la Robert Capa Gold Medal for Best Photographic Reporting from Abroad, un premio assegnato a fotografi che si sono distinti per eccezionale coraggio e per le loro imprese.
È il destinatario di numerosi premi, tra cui il Magazine Photographer of the Year, assegnato dalla National Press Photographers' Association. Lo stesso anno ha vinto per il quarto anno consecutivo il primo premio al concorso World Press Photo Contest. Ha vinto inoltre l'Olivier Rebbot Memorial Award per due volte.
McCurry si concentra sulle conseguenze umane della guerra, mostrando non solo quello che la guerra imprime al paesaggio ma, piuttosto, sul volto umano. Egli è guidato da una curiosità innata e dal senso di meraviglia circa il mondo e tutti coloro che lo abitano, ed ha una straordinaria capacità di attraversare i confini della lingua e della cultura per catturare storie di esperienza umana. "La maggior parte delle mie foto è radicata nella gente. Cerco il momento in cui si affaccia l'anima più genuina, in cui l'esperienza s'imprime sul volto di una persona. Cerco di trasmettere ciò che può essere una persona colta in un contesto più ampio che potremmo chiamare la condizione umana. Voglio trasmettere il senso viscerale della bellezza e della meraviglia che ho trovato di fronte a me, durante i miei viaggi, quando la sorpresa dell'essere estraneo si mescola alla gioia della familiarità".
Steve McCurry è ritratto in un documentario televisivo dal titolo Il volto della condizione umana (2003) prodotto dal pluripremiato regista francese Denis Delestrac.
Ha realizzato nel 2013 il calendario Pirelli fotografando 11 donne impegnate nel sostegno di Fondazioni, organizzazioni non governative e progetti umanitari.
McCurry propone workshop di fotografia della durata di un fine settimana a New York o estesi a 2 settimane in Asia.
Il ritratto più famoso di McCurry, Ragazza afgana, è stato scattato in un campo profughi vicino a Peshawar, in Pakistan. L'immagine è stata nominata come "la fotografia più riconosciuta" nella storia della rivista National Geographic; il suo volto è diventato famoso ed è ora ricordato come "la foto di copertina di giugno 1985". La foto è stata anche ampiamente utilizzata sulle brochure di Amnesty International, oltre che su poster e calendari.
L'identità della "Ragazza afghana" è rimasta sconosciuta per oltre 17 anni finché McCurry ed un team del National Geographic ritrovarono la donna, Sharbat Gula, nel 2002. Quando finalmente McCurry la ritrovò, disse: "La sua pelle è segnata, ora ci sono le rughe, ma lei è esattamente così straordinaria come lo era tanti anni fa"[6][7].
Nel novembre 2021 l'Italia ha messo in salvo la cittadina afghana Sharbat Gula, nota come la "ragazza dagli occhi verdi"; come da nota diretta di Palazzo Chigi: la presidenza del Consiglio "ne ha propiziato e organizzato il trasferimento in Italia, nel più ampio contesto del programma di evacuazione dei cittadini afghani e del piano del governo per la loro accoglienza e integrazione".
Nel 2017, la città di Bruxelles gli ha dedicato una mostra retrospettiva con oltre 200 tra i suoi più celebri scatti, dal periodo afghano ai giorni nostri, riprodotti in grandi dimensioni ed esposte nel salone del Palais de la Bourse, e varie video-installazioni con interviste da lui rilasciate nel corso degli anni[16].
Una fra le più importanti mostre tematiche del fotografo statunitense è stata la mostra Animals a Museo delle culture (MUDEC) di Milano. Tenutasi nel «nuovo spazio espositivo del Museo delle Culture dedicato alla fotografia d’autore»[17] inaugurato nel 2018, il "Mudec Photo", il fotografo ha esposto 60 foto di animali, diverse di queste realizzate per denunciare «il disastroso impatto ambientale e faunistico» in alcuni luoghi di conflitto del mondo[17].
Nel 2019-2020, di nuovo a Forlì, si tiene la prima esposizione mondiale della mostra Cibo, per riflettere sul valore del cibo, sui suoi aspetti culturali, ma anche sull'uso e sullo spreco che se ne fa. La mostra comprende cinque sezioni: il ciclo della vita del cibo, il pane come alimento primario, la produzione, la trasformazione e la condivisione del cibo[18].
Kodachrome
Anche se McCurry fotografa sia in digitale che in pellicola, ha ammesso la sua preferenza per quest'ultima. Eastman Kodak concesse a McCurry l'onore di utilizzare l'ultimo rullino di pellicola Kodachrome, che è stato sviluppato nel luglio 2010 da Dwayne's Photo (nella città di Parsons in Kansas) e che sarà ospitata presso la George Eastman House. La maggior parte delle foto, escludendo alcuni duplicati, sono state pubblicate su internet dalla rivista Vanity Fair[19].
"Ho fotografato per 30 anni e ho centinaia di migliaia di immagini su Kodachrome nel mio archivio. Sto cercando di scattare 36 foto che agiscano come una sorta di conclusione, per celebrare la scomparsa di Kodachrome. È stata una pellicola meravigliosa."[20]