È padre di Rick Zabel, anch'egli ciclista professionista.
Carriera
Gli esordi e le prime vittorie al Tour de France
Erik Zabel crebbe nella parte orientale di Berlino. Gareggiò da dilettante dal 1989 al 1992, cogliendo buoni risultati. Nell'ottobre 1992 passò professionista in seguito all'ingaggio da parte del Team Telekom, sodalizio tedesco diretto da Walter Godefroot e Frans Van Looy. Con questa maglia si affermò presto come velocista, e negli anni seguenti colse, sempre con la stessa formazione (divenuta anche Deutsche Telekom e T-Mobile) numerosissimi successi.
Dopo un 1993 caratterizzato da pochi successi e in gare minori, nel 1994 Zabel si aggiudicò quattro tappe al Tour de l'Avenir e la Parigi-Tours, classica d'autunno valida per la Coppa del mondo. Nel 1995 cominciò quindi a vincere in volata con maggiore regolarità, facendo sue tra le altre una frazione alla Tirreno-Adriatico, due al Tour de Suisse e due al Tour de France. Nel 1996 ottenne la prima di sei vittorie consecutive nella classifica a punti al Tour de France, oltre a due tappe nella stessa Grande Boucle; in stagione vinse anche tre frazioni alla Setmana Catalana.
1997-2001: le maglie verdi al Tour e i successi alla Sanremo
Nella primavera del 1997 colse numerosi successi in corse spagnole, aggiudicandosi poi in volata la Milano-Sanremo, davanti ad Alberto Elli – fu il primo di quattro successi in cinque anni nella "Classicissima" di primavera. Nel prosieguo di annata vinse anche una tappa al Tour de Suisse e tre al Tour de France, con annessa maglia verde della classifica a punti. Nel 1998, dopo aver fatto sue tre frazioni alla Tirreno-Adriatico, fece il bis, sempre allo sprint, alla Milano-Sanremo. Laureatosi campione nazionale in linea, vinse per la terza volta la maglia verde al Tour de France, pur non riuscendo ad aggiudicarsi nessuna tappa (fu per tre volte secondo, alle spalle di Tom Steels, due volte, e Mario Cipollini). L'anno dopo dovette accontentarsi del secondo posto alla Milano-Sanremo, anticipato dallo scatto di Andrei Tchmil a 800 metri dal traguardo. In stagione vinse comunque la Rund um den Henninger-Turm, due tappe alla Volta Ciclista a Catalunya e ancora la maglia verde al Tour de France, ancora una volta senza vittorie di tappa, ma con quattro secondi posti, alle spalle di Steels, Cipollini (due volte) e Robbie McEwen.
Nella primavera del 2000, dopo aver ottenuto vittorie e piazzamenti nelle gare spagnole di inizio stagione, tornò al successo alla Milano-Sanremo battendo allo sprint Fabio Baldato e il campione del mondo Óscar Freire. A seguire concluse quarto al Giro delle Fiandre, terzo alla Parigi-Roubaix, e vinse l'Amstel Gold Race. Grazie a questi piazzamenti, oltre al quarto posto nella HEW Cyclassics di agosto, a fine stagione si aggiudicò la classifica generale di Coppa del mondo.[3] Conquistò inoltre ancora la maglia verde al Tour de France, con un successo parziale nella penultima tappa. Nella stagione seguente, dopo i consueti trionfi primaverili in terra spagnola, fece poker alla Milano-Sanremo, superando in volata lo storico rivale Mario Cipollini. Dopo i quattro successi al Giro di Baviera, i tre al Deutschland Tour e i due al Tour de Suisse, al Tour de France vinse tre frazioni e superò l'australiano Stuart O'Grady nella classifica a punti per soli quattro punti, facendo sua la maglia verde per la sesta e ultima volta. In chiusura di annata si aggiudicò anche la HEW Cyclassics e tre tappe alla Vuelta a España, risultando il ciclista in testa alla classifica individuale UCI di fine anno.[4]
2002-2008: le stagioni seguenti
Nel 2002 ottenne vittorie di tappa in numerose gare brevi – spiccano i quattro trionfi al Deutschland Tour e i due al Tour de Suisse. Al Tour de France, pur vincendo una tappa, dovette invece accontentarsi del secondo posto nella classifica a punti, alle spalle di Robbie McEwen; si rifece alla Vuelta a España, con quattro secondi posti e il successo nella graduatoria a punti. In chiusura di annata fu terzo alla Parigi-Tours e nella prova in linea dei campionati del mondo di Zolder, vinta da Mario Cipollini; tali risultati gli consentirono di consolidare anche a fine 2002 il primato nella classifica individuale UCI.[5]
Dal 2003 arrivò sempre tra i primi tre nella classifica a punti del Tour de France, vinta da Baden Cooke nel 2003 e da Robbie McEwen nel 2004. Continuò a ottenere discreti risultati nella classifica a punti nonostante l'età ormai avanzata, arrivando secondo nella classifica a punti del Tour de France 2006 e terzo nelle edizioni 2007 e nel 2008. Nel 2004 partecipò alla Milano-Sanremo dopo aver già vinto quattro volte la corsa negli anni precedenti. Partì da favorito ma sul traguardo esultò convinto del successo e smise di pedalare negli ultimi cinquanta metri, sufficienti allo spagnolo Óscar Freire per superarlo e batterlo.[6] Nello stesso anno, dopo nove corse vinte e diciotto secondi posti, venne convocato per i campionati del mondo di Verona, ma ancora una volta fu Freire a batterlo in volata.
Nel 2005 la T-Mobile non lo iscrisse al Tour de France, scegliendo di puntare alla classifica generale con Aleksandr Vinokurov e Jan Ullrich, senza pensare alle vittorie di tappa. L'anno dopo Zabel lasciò la squadra tedesca e si accasò alla Milram insieme all'ex rivale Alessandro Petacchi. Alla Vuelta, complice anche la forma non ottimale del velocista spezzino, Zabel poté giocarsi le sue carte e riuscì a vincere la quarta frazione con arrivo a Cáceres e l'ultima a Madrid. Disputò poi i Campionati del mondo a Salisburgo, ma qui fu superato negli ultimi metri da Paolo Bettini e dovette ancora una volta accontentarsi del secondo posto.
Il 24 maggio 2007 confessò in conferenza stampa di aver fatto uso di EPO durante la prima settimana del Tour de France 1996, smettendo subito a causa degli effetti collaterali avvertiti.[7] Negli ultimi anni, persa buona parte della rapidità nello sprint a causa dell'età, collezionò numerosi piazzamenti, per concludere la carriera alla Parigi-Tours, il 12 ottobre 2008,[8] classificandosi settimo.
Dopo il ritiro è stato direttore sportivo al Team Katusha nelle stagioni 2012, 2013 e 2019.[9]
Il 29 luglio 2013, in un'intervista pubblicata sulla Süddeutsche Zeitung, Zabel smentì la dichiarazione del 2007, ammettendo di essersi dopato continuativamente dal 1996 al 2003, ricorrendo a EPO, cortisone e trasfusioni di sangue, e di aver mentito per poter proseguire la carriera professionistica.[10]