Farinata degli Uberti
«Ed el mi disse: "Volgiti! Che fai? Manente degli Uberti, meglio noto come Farinata (Firenze, 1212 circa – Firenze, 11 novembre 1264), è stato un militare e politico italiano. Appartenente a una tra le famiglie ghibelline più antiche e importanti di Firenze, è citato da Dante Alighieri nel sesto canto dell'Inferno e incontrato successivamente nel decimo tra gli eretici. BiografiaFiglio di Jacopo degli Uberti, dal 1239 fu a capo della consorteria di parte ghibellina e svolse un ruolo importantissimo nella cacciata dei guelfi avvenuta pochi anni dopo, nel 1248, sotto il regime del vicario imperiale Federico di Antiochia, figlio dell'imperatore Federico II. Gli Uberti furono poi esiliati quando al potere tornarono gli esponenti delle famiglie di appartenenza guelfa nel 1251 trovando rifugio a Siena nel 1258. Farinata contribuì da protagonista alla vittoria di Montaperti il 4 settembre 1260 e nella dieta di Empoli che ne seguì dimostrò il suo grande amor di patria insorgendo a viso aperto contro la proposta dei deputati di Pisa e Siena che avrebbero voluto radere al suolo Firenze. Morì nel 1264 e fu sepolto nella Chiesa di Santa Reparata, dove successivamente fu costruito il Duomo di Firenze. Suo figlio Lapo venne nominato dall'imperatore Enrico VII suo vicario in Mantova. L'accusa di eresia e DanteAnche dopo essere morti, gli Uberti non poterono sottrarsi alla vendetta della fazione rivale: nel 1283, infatti, i corpi di Farinata e sua moglie Adaleta subirono a Firenze un processo pubblico postumo con l'accusa di eresia. Per l'occasione i loro resti mortali, sepolti in Santa Reparata, vennero riesumati e il giudizio si concluse con la condanna da parte dell'inquisitore francescano Salomone da Lucca, che stabilì anche che tutti i beni lasciati in eredità da Farinata fossero confiscati. La fondatezza dell'accusa è incerta ancora oggi: in realtà riguardava la contestazione della supremazia religiosa della Chiesa, sebbene la fazione cui Farinata apparteneva ne contestava solamente l'ingerenza politica, reclamando una suddivisione tra potere spirituale e temporale. La confusione venne probabilmente aumentata dalla propaganda dei guelfi, pronti a sfruttare a proprio vantaggio l'accusa, sebbene alcuni studiosi sostengono che Farinata fosse vicino all'eresia catara. Gli Uberti, comunque, vennero esclusi da qualsiasi amnistia e l'odio dei rivali si focalizzò su di loro: Farinata venne infatti collocato da Dante tra gli eretici epicurei che l'anima col corpo morta fanno (v. 15), ovvero che non credono nell'immortalità dell'anima. Tra i due si svolge un colloquio incentrato sulla lotta politica e sulla famiglia e in particolare sul tema delle colpe dei padri che ricadono sui figli: questo costituiva un argomento particolarmente caro al poeta, che avrebbe potuto far revocare l'esilio nei confronti dei suoi figli maschi se avesse chiesto il perdono. Dopo un alternarsi di battute cariche di tensione, Farinata pronuncia una profezia dov'è facile leggere l'amarezza del poeta, già esule da qualche anno: «Ma non cinquanta volte fia raccesa A Farinata, comunque, Dante rese l'onore delle armi, facendo di lui uno dei protagonisti del suo poema e tratteggiandone una figura imponente e fiera, quasi omerica nel contrastare le avversità ("com'avesse l'inferno a gran dispitto"), tanto che Virgilio lo esorta a non usare con lui parole comuni, ma nobili ("conte"). Bibliografia
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