Nata nel paese di Ulassai, nella sub regione barbaricina dell'Ogliastra, figlia di Giuseppe (veterinario[2]) e Sofia Mereu, Maria Lai era la seconda di cinque tra figli e figlie[3]. Di salute cagionevole, durante l'infanzia trascorreva i mesi invernali a Gairo presso la casa degli zii contadini, pertanto non frequentò con regolarità le scuole elementari. Nel completo isolamento iniziò però a scoprire l'attitudine per il disegno: usando i carboni del camino disegnava forme sulle pareti. Da bambina posò per Francesco Ciusa, che realizzava il ritratto di una sua sorellina defunta[4].
Nel 1928 uno dei suoi zii sparò ad un confinante e, convinto di averlo ucciso, si costituì e la stessa notte si suicidò in carcere; Maria da allora in poi visse tutto l'anno a Ulassai. Nel 1932 si iscrisse al Regio istituto magistrale Eleonora D'Arborea di Cagliari, dove ebbe come docente Salvatore Cambosu, con il quale instaurò un profondo e duraturo rapporto di amicizia[5].
Nel 1945 fuggì precipitosamente da Venezia e dopo un breve periodo a Verona rientrò in Sardegna; dall'anno successivo, insegnò all'Istituto Tecnico femminile di Cagliari fino al 1949.
In Sardegna ristabilì i contatti con Salvatore Cambosu e conobbe, nel 1947, Foiso Fois e Giuseppe Dessì[5], che poi si ritrovò come dirimpettaio a Roma[4].
Attività artistica
Ritornata a Roma nel 1954, nel 1957 tenne la sua prima personale presso la galleria L'Obelisco di Irene Brin, esponendo i disegni a matita realizzati tra il 1941 e il 1954. Nel frattempo aprì un piccolo studio d'arte e instaurò rapporti d'amicizia con Jorge Eduardo Eielson. Nel 1955 il fratello Lorenzo cadde vittima di un'imboscata, forse un tentativo di sequestro di persona a scopo di estorsione, e restò ucciso da una scarica di pallettoni fra le braccia dell'altro fratello Gianni[2].
Negli anni sessanta Maria Lai osservava le correnti emergenti contemporanee, come l'Arte Povera e l'Informale, e di li a poco comprese quanto fossero importanti le lezioni di Martini (inizialmente vissute come un completo fallimento), le parole di Cambosu, le tradizioni, i miti e le leggende della sua terra natia. Intervenendo sulla materia attraverso gli oggetti ready-made del telaio e della magia del suo utilizzo, del pane e degli oggetti del passato arcaico sardo, iniziò il suo percorso, che vedeva il passato come indagine del futuro.
Nel settembre del 1971 in un incidente aereo morì il fratello Gianni; medico, era localmente noto di suo come fondatore dell'Istituto Climatico Ortopedico Mario Tommasini di Jerzu (poi convertito in sanatorioantitubercolare)[2].
Sempre nel 1971, presso la Galleria Schneider di Roma, espose i primi Telai, la mostra fu curata da Marcello Venturoli. Un avvicinamento all'arte tessile favorito dall'incontro con il maestro Enrico Accatino che iniziava a operare per il rilancio dell'arte tessile, coinvolgendo anche alcune manifatture sarde. Nel 1976 conobbe Angela Grilletti Migliavacca, proprietaria e direttrice della galleria Arte Duchamp di Cagliari e sua futura curatrice personale, con la quale poi avrebbe mantenuto un rapporto di lavoro e d'amicizia pluridecennale. Nel 1977 conobbe la storica dell'arte Mirella Bentivoglio la quale l'anno successivo permise a Maria di sbarcare alla Biennale di Venezia.
Gli anni ottanta sono caratterizzati dal ciclo delle Geografie e dei Libri cuciti.
L'otto settembre del 1981 ebbe luogo un evento unico di Arte relazionale, a cui partecipò l'intera comunità di Ulassai: l'operazione, denominata "Legarsi alla montagna", durò tre giorni ed ebbe ampio risalto, interessando anche la televisione di stato[7].
L'evento fu considerato dal critico d'arte Filiberto Menna come una delle realizzazioni più significative dell'arte moderna e contemporanea.[8]
L'ispirazione dell'opera derivava da una reinterpretazione di una antica leggenda del paese, Sa Rutta de is'Antigus (La grotta degli Antichi), che era stata ripresa da un fatto realmente accaduto ad Ulassai nel 1861. Un giorno crollò un costone della montagna che travolse un'abitazione, all'interno della quale morirono tre bambine: un'altra però riuscì a salvarsi e aveva in mano un nastro celeste. I popolani interpretarono il fatto come un miracolo divino, che fu tramandato di generazione in generazione: la bambina, per inseguire un filo azzurro che volava in cielo tra i fulmini, era uscita dalla grotta poco prima del crollo ed ebbe così salva la vita. Maria Lai unì con un filo celeste lungo 27 km le case del paese e il soprastante monte Gedili[7].
«Lasciai a ciascuno la scelta di come legarsi al proprio vicino. E così dove non c’era amicizia il nastro passava teso e dritto nel rispetto delle parti, dove l’amicizia c’era invece si faceva un nodo simbolico. Dove c’era un legame d’amore veniva fatto un fiocco e al nastro legati anche dei pani tipici detti su pani pintau»
Nello stesso anno realizzò una Via Crucis che donò alla parrocchia di Ulassai[9]. Parallelamente prendeva corpo nel medesimo paese il Museo a cielo aperto, poi intitolato a Maria Lai, alla realizzazione del quale nel 1982 parteciparono diversi artisti fra cui Costantino Nivola, che proprio qui realizzò la sua ultima opera (Fontana sonora)[10].
Dagli anni '90 in poi
Negli anni novanta le sue opere apparvero come una reinterpretazione del suo percorso complessivo e i diversi suoi cicli si assemblarono armonicamente l'uno con l'altro; la velocità inattesa dei segni-disegni si fondeva con i grovigli di fili e di corde di telaio e di Geografie. In questo contesto storico il suo lavoro fu molto apprezzato anche a livello internazionale, e a questi anni risale peraltro l'amicizia personale con lo stilista Antonio Marras e le cantanti Marisa Sannia e Elena Ledda.
Realizzò nella prima metà del decennio Le capre cucite (1992), La strada del rito (1992) e La scarpata (1993).
Negli ultimi anni ha vissuto e lavorato nella casa di campagna vicino al paese di Cardedu (confinante con la Gairo dell'infanzia); a Ulassai l'8 luglio del 2006 ha inaugurato il Museo Stazione dell'arte, dove sono raccolte una parte considerevole (circa 140 pezzi) delle sue opere.
Nel 2012 perse la sorella Giuliana, scrittrice, sul cui forte legame d'affetti e intelletto Maria, già novantatreenne, commentò "Ho perso mia sorellina, e l'arte ha perso una sua grande e umile interprete"[11]; l'anno dopo si spense anche Maria.
2014Matera MUSMA, Retrospettiva, Maria Lai opere dal 1942 al 2011
2014Nuoro MAN, Cagliari Palazzo di città, Ulassai Stazione dell'arte e Museo a cielo aperto, Retrospettiva dal titolo "Ricucire il mondo" 300 opere dagli anni Quaranta ai Duemila
^Forse che il grande sogno ad occhi aperti dell’arte moderna di cambiare la vita si è realizzato, sia pure una volta soltanto, proprio qui, in questo luogo lontano dove i nomi prestigiosi dell’avanguardia artistica non sono altro che nomi? Credo di sì: qui, l’arte è riuscita là dove religione e politica non erano riuscite a fare altrettanto. F. Menna, https://www.raicultura.it/arte/articoli/2019/11/Maria-Lai-9aa5a638-a435-41bb-81f5-50fc6002381c.html
"Maria Lai, Come un gioco" edizioni Museo Arte Provincia Nuoro 2002
"Maria Lai, Inventare altri spazi" Testi di Fabrizio D'Amico e Gianni Murtas, edizioni AD, Cagliari 1993
"Maria Lai, Lo scialle della luna", edizioni AD, Cagliari 2000
"Al gigante lassù, Omaggio a Nivola 1988-2008, i telai-teatrini di Maria Lai, edizioni AD, Cagliari 2008
"Arte e Creatività, le fiabe e i giochi di Maria Lai" a cura di Fraca Pinto Minerva, Maria vinella, edizioni AD Cagliari 2007
"A matita, disegni di Maria Lai dal 1941 al 1985" edizioni AD Cagliari 1988
"Maria Lai, olio di parole" edizioni AD Cagliari 2000
Giuseppina Cuccu-Maria Lai, Le ragioni dell'arte, cose tanto semplici che nessuno capisce, edizioni AD Cagliari 2002
Maria Lai, Filiberto Menna, Ulassai, da Legarsi alla Montagna alla Stazione dell'arte, edizioni AD, Cagliari 2006
Federica Di Castro, Maria Lai La pietra e la Paura, edizioni AD, Cagliari 2006
Maria Lai, Sguardo opera e pensiero, l'arte visiva strumento di pensiero, edizioni AD, Cagliari 2004
A. Pioselli, Ulassai 1981. L'opera comunitaria, ne L'arte pubblica nello spazio urbano, committenti, artisti, fruitori, a cura di Carlo Birrozzi e Marina Pugliese, edizioni Bruno Mondadori 2007, pp. 31–35
Salvatore Cambosu, Miele Amaro, racconti dettati a Maria Lai, edizioni AD, Cagliari 2008
Giulio Angioni, Il capo di quel filo che cuciva il mondo, La Nuova Sardegna, 18 aprile 2013.
"Maria Lai, Ansia d'infinito" a cura di Clarita Di Giovanni, testi critici di Achille Bonito Oliva, edizioni Condaghes 2013
A. Pioselli, "L'arte nello spazio urbano. L'esperienza italiana dal 1968 a oggi", Johan&Levi, Monza 2015, pp. 103–104
Filiberto MennaProfezia di una società estetica. Saggio sull'avanguardia artistica e sul movimento dell'architettura moderna, Lerici, Roma, 1968.