Associazione Ricreativa Culturale Italiana
L'Associazione Ricreativa Culturale Italiana, a volte chiamata anche Associazione Ricreativa e Culturale Italiana[1] o ARCI APS[2], più spesso conosciuta semplicemente con il suo acronimo ARCI, è un'associazione di promozione sociale riconosciuta dallo Stato italiano ai sensi della legge 7 dicembre 2000, n. 383.[3]. L'associazione è radicata su tutto il territorio nazionale con una struttura composta di comitati regionali e provinciali, ai quali fanno riferimento le migliaia di circoli ed associazioni locali[1]. L'ARCI vanta oltre un milione di soci in tutta Italia, ai quali vengono forniti servizi di tipo culturale (musica, cinema, teatro, danza) e sociale (servizi per l’infanzia, sostegno di welfare locale, sostegno alla salute mentale e all'integrazione degli immigrati)[1]. Riconoscendosi nei valori democratici e nella Costituzione repubblicana nata dalla lotta di liberazione contro il nazifascismo, l'Arci si richiama alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo ed alla Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia dell'ONU ed opera in contesti locali, nazionali e internazionali per l'affermazione degli stessi; partecipa alla costruzione dell'Europa delle cittadine e dei cittadini. Nel tempo si è contraddistinta per le sue posizioni contro la guerra nella ex-Jugoslavia[4], a sostegno delle sue vittime (dalla Carovana per la Pace, alla candidatura per il premio Nobel per la pace), per l'antirazzismo e per le iniziative rivolte all'integrazione degli immigrati (dai campi di accoglienza all'incontro pubblico con Nelson Mandela dopo la sua liberazione), per la promozione dei valori della solidarietà contro l'egoismo sociale e le tendenze alla secessione, per la promozione della cultura (mille concerti in più parti d'Italia, il 21 giugno, Festa della musica), e per la partecipazione attiva nella Banca Popolare Etica, nel Forum del Terzo Settore, Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie e TransFair, dei quali è anche fondatore.[4] L'associazione fu fondata a Firenze il 26 maggio 1957[5] e fu una delle associazioni che raccoglievano l'eredità delle precedenti Società operaie di mutuo soccorso e delle Case del Popolo in quel movimento di riappropriazione delle vecchie sedi sequestrate dallo Stato durante il periodo del ventennio fascista[6]. Il primo presidente nazionale dell'ARCI fu il socialista novarese Alberto Jacometti. Già segretario del Partito Socialista Italiano tra il 1948 ed il 1949, Jacometti si batté in prima persona per l'autonomia dei circoli e delle Case del Popolo, finite sotto il controllo dell'ENAL dopo la chiusura delle Case del Fascio nel dopoguerra[6]. Tra il finire degli anni '50 e gli anni '60 all'interno della sinistra, fu forte quel dibattito tra "apocalittici e integrati" sulla natura della cultura popolare che andava imponendosi sempre più prepotentemente con nuovi media di massa (come la televisione) e nuove forme d'arte (come il fumetto o il cinema). In questo contesto l'ARCI, come associazione popolare e nata dal basso che proponeva forme ricreative e d'intrattenimento come serate da ballo o visioni comunitarie di televisione e cinema, si trovò a difendere le nuove forme espressive, generando spesso la diffidenza degli intellettuali più radicali[6]. L'ARCI svolse così la funzione di tenere assieme la cultura pop e la cultura più militante di sinistra, facendo sintesi tra le arti d'avanguardia, il movimento politico e le classi popolari[6]. Nel 1961 venne costituita all'interno del circuito ARCI la Associazione dei radioteleabbonati (ARTA) che si muoveva per una riforma della RAI che la sottraesse al controllo governativo, istituendo anche centri d'ascolto e di visione e premi per le produzioni televisive[4]. Con il IV congresso nazionale del 1966 nascono gli ARCI dedicati a specifici settori come l'Unione circoli cinematografici ARCI (UCCA), l'ARCI Sport, l'ARCI Caccia e l'ARCI Pesca[4]. Storia1848-1944: Le origini nelle S.O.M.S. e nelle Case del PopoloCon la seconda rivoluzione industriale nasce l'esigenza di organizzare il tempo di lavoro e con esso il tempo libero dal lavoro[7]. In questo contesto, se nei paesi anglosassoni nasceva l’industria del tempo libero, in Italia, anche grazie alle necessità del Risorgimento ed alla nascita dell'unità d'Italia, il tempo libero diventa un momento di solidarietà sociale e lotta politica[7]. Nacquero così, influenzate dagli ideali mazziniani e socialisti, le prime Società operaie di mutuo soccorso, e da loro la prima Camera del Lavoro di Milano[4][6]. Se alcune S.O.M.S. continuavano il loro lavoro di solidarietà, ricreazione, cultura ed istruzione, altre si impegnavano più attivamente sul fronte dei diritti dei lavoratori, andando così a creare un movimento sempre crescente e diversificato, tra circoli politici, ricreativi, culturali e sportivi[4][6]. Su questa linea nascevano, soprattutto nell'Italia centrale, nuovi spazi chiamati Case del Popolo che si occupavano sia dell'organizzazione politica che di attività ricreative[4]. Durante la prima guerra mondiale i vari circoli, le Società di Mutuo Soccorso e le Case del Popolo creavano una rete sociale di assistenza ai cittadini, ai soldati ed alle famiglie[4]. Con l'avvento del fascismo e le leggi che vietavano la libertà di associazione, le organizzazioni dei lavoratori come le S.O.M.S venivano sciolte per decreto e le loro sedi venivano trasformate in case del fascio[6]. Nel 1926, il Governo fascista varò le Leggi Speciali che fecero confluire tutte queste associazioni culturali e sportive nell'Opera nazionale del dopolavoro[4][8]. L'OND dipendeva direttamente dal capo del governo e dal segretario del Partito Nazionale Fascista. Gli organi locali ed i circoli erano invece sotto il controllo dei segretari federali che potevano così penetrare tra le masse con un unico strumento che si sostituiva al pluralismo ed alla molteplicità delle precedenti organizzazioni[8]. 1945-1959: Il dopoguerra e la nascita dell'ARCIDopo la guerra di liberazione italiana e con la fine della seconda guerra mondiale il popolo italiano riconquista la possibilità di auto-organizzarsi in libere associazioni. Nasce così un movimento spontaneo di riappropriazione anche di quegli spazi pubblici che in precedenza erano stati sottratti alle Società di Mutuo Soccorso ed alle Case del Popolo. Questi spazi, spesso danneggiati dalla guerra, vengono ristrutturati grazie al lavoro di cittadini e volontari[9]. Ma l'anelito popolare si scontrerà presto con la mancata regolarizzazione della proprietà delle strutture che, sotto il fascismo erano state perlopiù consegnate all'Opera nazionale del dopolavoro ed oggi venivano reclamate dai legittimi proprietari. Se già il Governo Badoglio I aveva requisito gli stabili del disciolto OND che le rinate organizzazioni operaie legittimamente volevano restituite[6], nel 1945, con il decreto legislativo nº624 del 22 settembre[10], il Governo Parri decretava la sostituzione del vecchio OND con il nuovo Ente Nazionale Assistenza Lavoratori (ENAL) al fine di mantenere un controllo amministrativo sulle attività politiche e sociali dell'associazionismo[9][6]. Altre proprietà di enti pubblici venivano invece affidate alle nuove associazioni con prezzi esorbitanti e senza applicare quella logica degli affitti calmierati, che in seguito si applicherà per le associazioni di promozione sociale e senza scopo di lucro[9]. Un ulteriore problema nacque con la disgregazione del fronte antifascista alla vigilia delle elezioni del 1948, che videro lo scioglimento di molte organizzazione indipendenti in precedenza gestite in modo unitario[4][9] da popolari, repubblicani, socialisti ed anarchici. Prendono così sempre più piede le Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani fondate già nel 1944 e i circoli della Gioventù Italiana di Azione Cattolica entrambi di matrice popolare e cattolica, e nasce la rete ci circoli dell'Ente Nazionale Democratico di Azione Sociale (ENDAS) fondato nel 1949 e di ispirazione mazziniana/repubblicana[4][9]. Le altre forze di sinistra, rappresentate soprattutto dai sindacati, dal Partito Socialista Italiano e dal Partito Comunista Italiano, tentarono inizialmente di riformate e sburocratizzare l'ENAL per via parlamentare, con l'intento di aprirlo ad un maggiore pluralismo attraverso norme che dessero più autonomia alle sezioni locali. E se la CGIL di Giuseppe Di Vittorio tentò di far assumere alcune e prerogative dell'ente alle Camere del Lavoro, il socialista Alberto Jacometti tentò di dare maggior autonomia ai circoli ed alle Case del Popolo per via legislativa[6]. Nel 1955, il nuovo statuto dell'ENAL promosso dal Governo Scelba vede negate tutte le prospettive di democratizzazione dell'ente, facendo così nascere l'idea di una nuova associazione in grado di riunire quelle strutture che si riconoscevano nei valori di questa sinistra[4]. Fu ancora una volta Jacometti uno dei fautori principali di quel processo che portò alla nascita prima della "Alleanza per la ricreazione popolare" del 1956, poi al "Convegno per una convenzione nazionale della ricreazione" da svolgersi a Firenze, dove si approverà lo Statuto della costituenda "Associazione ricreativa culturale italiana" il 26 maggio 1957 a Firenze[6] divenendo nei fatti il primo congresso nazionale dell’ARCI[2]. Fu poi grazie a Pietro Nenni che l'ARCI arrivò a quel pieno riconoscimento giuridico che gli permise di crescere di numero, vincendo le reticenze di adesione delle strutture locali[6]. Tra le prime iniziative della nuova associazione vi fu un Convegno sul tempo libero organizzato assieme alla Società Umanitaria di Milano. Questa occasione vide anche la partecipazione delle ACLI, rappresentando così la prima unione d'intenti tra due associazioni così diverse[4]. 1961-1978: Una nuova organizzazione culturaleA partire dal 1966 inizia da parte dell'ARCI l'attività di promozione di associazioni culturali: nasce così nel 1967 Arci Sport, a cui seguirà la nascita delle associazioni Arci Caccia e Arci Pesca [4]. 1979-1986: L'ARCI e i nuovi soggetti associativiNel novembre 1980, a seguito del delitto di Giarre, da un'idea di don Marco Bisceglia, un sacerdote apertamente omosessuale, e con la collaborazione di un giovane obiettore di coscienza, Nichi Vendola, Massimo Milani, Gino Campanella ed altri militanti fondano a Palermo l'Arcigay, la prima sezione dell'ARCI dedicata alla cultura omosessuale, che si diffonderà di lì a poco in tutta Italia. Negli stessi anni nascono nell'ambito dell'ARCI anche Legambiente (che poi diventerà un'associazione autonoma), la Lega emittenza democratica (LEID), Arci Kids, Arci donna, Arci ragazzi, Arcigola e Arci media [4]. 1986-1993: La fine dell’esperienza Confederale e il ritorno ai circoli1994-2013: La nuova ARCI e le nuove sfideNel 1994 assume la denominazione "Arci Nuova associazione"[4]. Al Congresso Nazionale di Cervia del 23/26 febbraio 2006 l'associazione assume la denominazione "Associazione ARCI", conferendo maggiore evidenza all'acronimo storico A.R.C.I., adottato nel 1957. L'Arci partecipa al Forum sociale mondiale. Nel 2001, sotto la guida del presidente nazionale Tom Benetollo, aderisce al Genoa Social Forum e partecipa al controvertice parallelo al G8 genovese[11]. Successivamente sarà una delle organizzazioni più attive nell'organizzazione dell'European Social Forum di Firenze. L'Arci è stata tra le sostenitrici del "Sì" ai quattro referendum abrogativi del 2011 contro la privatizzazione dei servizi di distribuzione dell'acqua potabile, contro la costruzione delle centrali nucleari in Italia, e contro il "Legittimo impedimento", insieme ad una fitta rete di associazioni nazionali e sui territori, e a molte delle forze politiche all'opposizione del Governo Berlusconi. I "Sì" hanno superato il 94% e l'affluenza il 54% per tutti i quattro quesiti, per tale ragione le rispettive leggi sono state abrogate.[12][13] 2014-in poi: Nuove battaglie per la democrazia, l'uguaglianza, l'antifascismoHa aderito anche al Comitato “Vota Sì per fermare le trivelle” insieme a Legambiente, Greenpeace, Slow Food, WWF, LIPU, Lega Anti Vivisezione, FIOM, Libera, UdU, Rete degli Studenti Medi, Coordinamento No Triv, Unione degli Studenti e ad altre associazioni. Il Comitato ha sostenuto il "Sì" al referendum del 17 aprile 2016 che avrebbe abrogato la parte della Legge di stabilità che permette il rinnovamento fino all'esaurimento dei giacimenti di idrocarburi delle concessioni di estrazione entro le 12 miglia dalla costa italiana. Il Referendum, richiesto da dieci presidenti di regione, ha visto l'85,85% dei "Sì", contro il 14,15% dei "No", ma a causa dell'affluenza di 15.806.488 cittadini, pari al 31,19% dei votanti, al di sotto del 50%+1 necessario alla validità della consultazione, l'articolo in questione non è stato abrogato e le concessioni hanno mantenuto pertanto la regolamentazione della Legge di stabilità 2016.[14][15][16] L'associazione è tra le organizzatrici, insieme a Unione degli Studenti, Sindacato dei Pensionati Italiani, FLAI, CGIL, ed Unione degli Universitari, dei "Campi della Legalità" che in 9 regioni italiane, in beni confiscati alle mafie, ospitano centinaia di volontari da tutto il Paese che seguono percorsi formativi sulla storia delle mafie, sulla lotta partigiana e sui valori della Costituzione Italiana.[17][18] Alcuni circoli dell'area apuana partecipano alle manifestazioni No Cav.[19][20][chiarire: iniziative non coerenti con il titolo del paragrafo] Presidenti nazionali
Note
Bibliografia
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