In un'estate in cui i trasferimenti furono molto limitati, continuò il progressivo rafforzamento del Torino voluto dal presidente Ferruccio Novo: a completare la rosa furono chiamati gli interni del Venezia, Loik e Mazzola;[1] i lagunari puntarono dunque sulle contropartite Petron e Mezzadra.[2] Si mossero anche la Juventus, che ingaggiò il portiere Sentimenti IV e piazzò il colpo Meazza, e l'Ambrosiana-Inter che licenziò l'allenatore Fiorentini, accasatosi al Livorno,[3] e lo sostituì con Giovanni Ferrari a cui affidarono, per tentare una risalita, Gaddoni e Fabbri dall'Atalanta. Infine la Roma, detentrice del titolo, si limitò a confermare la rosa dell'anno precedente.[4]
Avvenimenti
Girone di andata
A vivacizzare sin dalle prime battute il torneo, che iniziò il 4 ottobre 1942, fu il Livorno. La squadra amaranto, salvatasi in extremis l'anno precedente, nel corso dell'estate aveva costruito la sua ossatura con elementi provenienti soprattutto dalla Serie B e si era affidata a Ivo Fiorentini, fautore della tattica del "metodo" e già valorizzatore di talenti all'Atalanta.[3] Partiti spediti, i toscani si scrollarono presto di dosso una Roma destinata a un rapido declino e allungarono: il 22 novembre, espugnata l'Arena Civica, vantavano cinque punti sul Torino secondo, inaspettatamente partito con due sconfitte.[1]
Nel mese di dicembre i granata approfittarono di alcuni passi falsi dei labronici e li affiancarono in vetta, ma l'incostanza nei risultati spinse Novo a esonerare l'allenatore András Kuttik, poco adatto a inquadrare la squadra secondo le nuove logiche del "sistema", e a chiamare il più eclettico Antonio Janni.[5] Il 10 gennaio 1943, al termine del girone di andata, le due squadre erano appaiate: aveva preso il via un duello destinato a durare fino al termine; solo la Juventus e soprattutto l'Ambrosiana, in vetta il 7 febbraio, tentarono d'inserirsi. Sul fondo si erano già staccate, intanto, il debuttante Vicenza e il Venezia, quest'ultimo orfano dei suoi leader; annaspava ormai anche la Roma campione uscente.
Girone di ritorno
Nel mese di febbraio il Livorno mantenne saldamente la vetta, arrivando a +4 su Torino e Ambrosiana a sette giornate dal termine. Tuttavia con lo stop del 21 marzo in casa della Juventus, gli amaranto furono avvicinati dai granata e la lotta, con l'Ambrosiana ormai in disarmo, fu serrata. Fu un moto d'orgoglio della Roma, il 7 aprile, a costare il primato al Livorno; quindi il Torino si presentò a Bari il 25 aprile con un punto di vantaggio sui labronici e con un ruolino di sei vittorie consecutive alle spalle. Strappata la vittoria sui pugliesi a pochi minuti dalla fine, i piemontesi infransero le speranze dei toscani e incamerarono il secondo scudetto della loro storia, quindici anni dopo il primo.[6] In quella stagione la squadra granata vincerà anche la Coppa Italia, centrando il primo double nella storia del calcio italiano.[5]
Nel finale di campionato, le squadre ormai fuori dal discorso scudetto declinarono bruscamente, andando incontro a pesanti sconfitte – che costarono ai giocatori multe e richiami – contro compagini più bisognose di punti.[5][7][8] Nell'ultimo turno la Juventus, che pure aveva strappato il terzo posto all'Ambrosiana, si lasciò superare in goleada dal rinvigorito Vicenza e allo stesso modo gli uomini di Ferrari caddero di fronte al Venezia, il quale a sua volta due settimane prima aveva potuto rientrare in corsa per la salvezza espugnando il campo di Bologna.[5] I lagunari agganciarono così Bari e Triestina, rendendo necessario un triangolare di spareggio per stabilire la penultima classificata, mentre il Liguria, autore di un pessimo girone di ritorno, si era assestato sul fondo. Il suddetto triangolare, che subì variazioni in corsa,[7] nella sua prima fase in maggio ebbe come primo verdetto la salvezza dei giuliani;[9] quindi in giugno, nello spareggio decisivo tra le due squadre ancora in bilico, sancì la retrocessione dei pugliesi.[9]
I declassamenti di Bari e Liguria si rivelarono poi solamente virtuali, visto che furono annullati già nell'estate del 1943, stante l'evolversi degli eventi bellici sul territorio nazionale.[10] Il piano, annunciato nel luglio di quell'anno, di far disputare nella stagione seguente un campionato misto di Serie A-B a 36 squadre, suddivise in tre gironi,[11] naufragò definitivamente dopo l'8 settembre, a causa dell'armistizio di Cassibile e della conseguente spaccatura dell'Italia in due, occupata dall'Asse al Nord e dagli Alleati al Sud.[12] In questo scenario, la FIGC della neonata Repubblica Sociale Italiana organizzò nel 1944 un campionato di Alta Italia, che fu vinto dallo Spezia, ma che fu disconosciuto a posteriori dalla stessa Federcalcio repubblichina. Un campionato di Serie A-B misto, regolare e riconosciuto ufficialmente, poté avere luogo soltanto a ostilità concluse nella stagione 1945-1946, mentre per tornare alla Serie A a girone unico si dovette attendere l'annata successiva.
Retrocesso in Serie B, secondo l'impostazione originaria.
Regolamento:
Due punti a vittoria, uno a pareggio, zero a sconfitta.
In caso di parità, venivano effettuati spareggi per determinare titolo o retrocessioni.
Note:
Bari, Triestina e Venezia terminarono il campionato a pari punti: per decidere la squadra da retrocedere si effettuarono gli spareggi.
Bari e Liguria furono riammessi, dopo un decreto del presidente federale Ridolfi del 2 luglio 1943 che istituiva un campionato misto A-B per l’annata successiva, agli effetti dei provvedimenti del Commissario avvocato Mauro del 4 settembre che prendevano atto dell’impossibilità di disputare la nuova stagione; a causa degli eventi bellici il successivo campionato si svolse, con formula diversa, solo nel 1945-46.
Partita con più reti: Genova 1893-Lazio 6-5 (7ª giornata)
Miglior sequenza di partite utili: Livorno (11, dalla 14ª alla 24ª giornata)
Peggior sequenza di partite senza vittoria: Triestina (14, dalla 1ª alla 14ª giornata)
Massimo numero di reti segnate in una singola giornata: 37 (26ª giornata)
Minimo numero di reti segnate in una singola giornata: 15 (25ª giornata)
Individuali
Classifica marcatori
Nel corso del campionato furono segnati complessivamente 742 gol (di cui 21 su autorete) da 131 diversi giocatori, per una media di 3,09 gol a partita. Inoltre furono messe a segno ben 4 quadriplette:[9] da Silvio Piola in Lazio-Juventus 5-3, alla 4ª giornata; da Giuseppe Baldini in Atalanta-Ambrosiana Inter 2-5 alla 18ª giornata; da Amedeo Amadei in Roma-Liguria 5-1, alla 21ª giornata e da Pietro Magni in Juventus-Triestina 6-1 alla 26ª giornata. Di seguito, la classifica dei marcatori.[9]
^Non era stato ancora omologato il risultato di Lazio-Torino (2-3) a causa di un reclamo sporto dalla squadra biancoceleste. Il 7 maggio 1943 il DDS respinse il ricorso, omologando il risultato e proclamando il Torino campione d'Italia per la stagione 1942-43, cfr. Il Torino proclamato campione d'Italia, in La Gazzetta del Popolo, 8 maggio 1943, p. 2. Gli proibì tuttavia di apporre lo scudetto sulle casacche fino a luglio, sancendo che fino al 30 giugno tale diritto spettava alla sola Roma campione nella stagione 1941-42. Ciò provocò delle polemiche, perché nelle annate precedenti le squadre campioni avevano apposto lo scudetto sulla casacca subito dopo la proclamazione ufficiale, senza che la FIGC avesse fatto rimostranze a proposito, cfr. Torino - Sport, in La Gazzetta del Popolo, 20 maggio 1943, p. 1. Il 20 luglio 1943 la FIGC ratificò la precedente proclamazione del Torino a campione d'Italia, deliberando che il vincitore dello scudetto poteva apporselo sulla casacca già dopo l'ultima partita di campionato senza dover attendere il 1º luglio, cfr. Le norme per la prossima stagione calcistica, in La Gazzetta del Popolo, 21 luglio 1943, p. 2.
^Lo sbarco in Sicilia mise in forti difficoltà il regime fascista, che di conseguenza il 23 luglio 1943 decretò la sospensione di ogni attività sportiva a carattere nazionale, con la motivazione di «lasciare totalmente gli atleti militari a compiere il loro dovere di soldati»; sarebbero state autorizzate le sole competizioni a carattere locale, compatibilmente con le esigenze militari, cfr. Il comunicato della sospensione delle manifestazioni nazionali, in La Stampa, 24 luglio 1943, p. 3. In seguito alla caduta del regime fascista, avvenuta due giorni dopo la suddetta sospensione, la FIGC fu commissariata mentre la ripresa dell'attività calcistica appariva sempre più improbabile, con i giocatori militari e quasi tutti fuori sede e con i campi sportivi sinistrati dai bombardamenti che al contempo avevano provocato lo sfollamento dei grandi centri, cfr. È possibile la ripresa calcistica?, in La Stampa, 31 agosto 1943, p. 2. Il 4 settembre 1943 il commissario della FIGC Giovanni Mauro decretò l'annullamento delle retrocessioni e sancì che il campionato 1943-1944 non avrebbe avuto luogo per ragioni belliche, se non eventualmente a stagione inoltrata qualora le contingenze lo avessero permesso, cfr. Dice Mauro: "Qualcosa si farà", in La Stampa, 9 settembre 1943, p. 2.